La zucca: un sapore della memoria e della diversità

La zucca: un sapore della memoria e della diversità
di Roberto Albanese

La zucca nella cultura materiale e nell’immaginario dei popoli di tutti i continenti, con particolar riferimento alla Brianza. Un legame nella diversità.

Indice:
alimentazione e affettività

zucca = risorsa educativa

l’ecologia domestica contadina

cucina a base di zucca

la parte ludica dell’orto

l’immaginario

la cultura materiale

popoli del mondo e magia

il rapporto con i morti

Oggi, nell’epoca delle diete ipocaloriche, la zucca, cibo povero di calorie quanto ricco di vitamine (A e C) e di sali minerali, ha trovato riscatto. Ma ciò avviene purtroppo a prescindere da qualsiasi attenzione culturale a quella che può essere per noi oggi l’eredità del mondo contadino.

Certo nel nord Europa sono ormai molto diffusi i “ristoranti della tradizione”, che propongono menù specializzati, a volta in volta dedicati ad un piatto tipico, e anche si sforzano di rievocare – talora in modo un po’ forzato – l’ambiente di vita dei contadini, con i suoi spazi, arredi, …. Tutto è funzionale ad attirare una clientela che è alla esplicita ricerca di alimenti che, quale la zucca, abbiano il sapore della memoria. Nel nostro paese il business invece imperversa in libreria. La mercificazione della tradizione è piuttosto legata al fenomeno dei libri strenna in carta patinata (di cucina, architettura vernacolare, santi e santelle, ecc.) che, soprattutto nel periodo pre-natalizio, invadono gli scaffali delle librerie per poi finire, tristemente inutilizzati, in quelle di casa.

Ora appare evidente che, dagli “…anta” in su, la nostra mitologia personale vive del rimpianto dell’infanzia perduta; dimensione spazio / temporale popolata di persone, luoghi e – appunto – sapori. Ma è inevitabile che l’incontro tra tradizione e mito personale produca una nostalgia regressiva nonché la più totale accondiscendenza alla strumentalizzazione commerciale?

Personalmente sono convinto che la zucca con tutto il mondo contadino di cui questa faceva parte possa invece avere a che fare con la domanda di comportamenti e i valori di convivialità, naturalità, tolleranza che non pochi di noi vanno cercando di costruire a partire dal proprio quotidiano. Per esempio, oggi la zucca è certamente una “risorsa educativa”, soprattutto per educare all’ambiente e all’intercultura in modo concreto, a scuola come in famiglia. Questo perché il corpo è il nostro primo ecosistema; il cibo deriva dall’ambiente e contribuisce a definire quella che è l’identità della persona e della comunità alla quale si appartiene e la relazione con gli altri gruppi e popoli.

In realtà la base materiale sulla quale si è costruito il sapore mitico della zucca era data dalla sfera dell’ecologia domestica nella quale si svolgeva il lavoro e la vita sociale della famiglia contadina.

A metà ottobre i contadini avevano staccato le zucche dalla pianta nell’orto e le portavano in casa per consumarle con parsimonia. La maturazione delle zucche coincide con la raccolta autunnale del granoturco, momento un tempo di intensa attività della cascina. Era proprio durante la scartocciatura del granturco che avveniva l’assaggio delle prime zucche (bollite o cotte sotto la cenere), che erano condivise con i vicini che cooperavano ai lavori. La zucca compariva anche nel menu delle feste natalizie: come tortelli “magro” della vigilia e torta di Natale, ad esempio nell’Oltrepo. Cibo più usuale era invece il pane di zucca.

La zucca rimanda ad un certa organizzazione della corte. Questa infatti aveva un posto di rilievo nell’orto dell’abitazione rurale, o meglio si accontentava di poco per attecchire e crescere. In Brianza, la coltivazione delle zucche ornamentali rappresentava la parte ludica dell’orticoltura in cascina. Gli anziani ospiti della casa di riposo “Agostoni” di Lissone si ricordano ancora di come una volta ci si ingegnava ad intervenire in vari modi (legandole, mettendo vicino bastoni, così “ghe tiraven el col”) sulla crescita delle zucche ornamentali, al fine di far loro assumere le più svariate forme possibili. Al momento del raccolto, l’opera veniva completata colorandole con tinte diverse.

Ma la zucca oltre a ricollegarci al nostro territorio di vita ci apre al confronto con svariati altri popoli, ai quali siamo debitori, visto che la zucca ha origine esotica e tropicale (più specificatamente centro / sud americana) e in Europa fu quindi conosciuta solo dopo la scoperta del nuovo continente.

E’ interessante notare come la zucca, oltre ad avere un uso strettamente alimentare, rientri nelle diverse tradizioni dei vari popoli del mondo come elemento di cultura materiale e dell’immaginario (ad es. come abitazione di gnomi, fate, e Cenerentole, come nel caso della fiaba di Perrault) e talora della religione.

Tutti i popoli agricoltori hanno da sempre usato la zucca come contenitore e recipiente per varie esigenze.Hanno ricavanto ceste, scatole, strumenti musicali, borracce per acqua (come facevano i contadini dell’Oltrepo), vino, grappe (come ad es. il sardo “filu di ferru”) ma anche oggetti magici (foto 1).

Fra gli indios dell’Amazzonia con la zucca si costruisce la maracas (foto 2), strumento per i rituali di magia bianca. In Cina può essere un talismano, dove si possono rinchiudere i geni. Nelle Hawai gli stregoni hanno il potere di intrappolarvi le anime dei viventi.

(1)

(2)

Nelle tradizioni europee predomina invece l’associazione tra la zucca e le anime dei morti, visto che il ciclo vegetativo della zucca si esaurisce proprio in coincidenza con il periodo dedicato nella tradizione popolare e nella liturgia cristiana alla commemorazione dei defunti. I Celti (foto 3) ritenevano che in questi giorni fosse possibile il ritorno sulla terra dei morti per chiedere conforto e quindi organizzavano riti e festeggiamenti ad hoc con offerte di cibo. Qualcosa di tutto ciò rimase anche dopo.

(3) – Galles –

Ricostruzione di un villaggio dei Celti

A Bormio la notte del 2 novembre si collocava una zucca riempita di vino sul davanzale della finestra. In Veneto le zucche venivano svuotate, dipinte e utilizzare per realizzare maschere e lanterne. Queste venivano chiamate Lumere ed avevano la forma di teschio (riprendendo ancestrali usanze sempre di origine celtica legate all’uso di teschi umani di parenti o di nemici uccisi); all’interno però si aggiungeva una candela, simbolo religioso della fede cristiana nella risurrezione. E adesso andatelo voi a spiegare ai replicanti nostrani che quando loro celebrano la festa di Halloween, pensando di fare cosa originalissima, in realtà stanno solo riportando al mittente tradizioni ben presenti fra i nostri contadini…!

Roberto Albanese

http://www.greenman.it

View more posts from this author

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *