Animazione e sviluppo sostenibile: una proposta per gli adolescenti urbani

Animazione e sviluppo sostenibile: una proposta per gli adolescenti urbani
di Roberto Albanese

Dalla rilevazione delle modalità di relazione con la città specifiche dei ragazzi urbani di oggi – aggregati per gruppi informali – si sviluppa una critica all’eccessiva formalizzazione dei percorsi di Agenda 21 Locale ed una proposta di animazione territoriale degli adolescenti che valorizzi le pratiche di “street game”.

Indice:

1. PREMESSA

2. GRUPPI INFORMALI: UN MODO PER PER PENSARE LA SFIDA AMBIENTE RIVOLTA AGLI ADOLESCENTI

3. AMBIENTE E SOSTENIBILITA’: L’IMPORTANZA DI UN APPROCCIO A PARTIRE DALLA REALTÀ DELLA CITTÀ

Scheda 1: L’AGENDA 21 LOCALE E I SUOI CONTENUTI

4. CINQUE SPIRAGLI PER COPROGETTARE L’AZIONE

4. 1 Uscire dal mito del “popolo inquinato” – scegliere l’etica della responsabilità ambientale

4. 2 Una pedagogia del territorio condivisa alla base della connessione tra politiche per i giovani e politiche per l’ambiente e la città

4. 3 Relativizzare il contributo degli esperti e valorizzare le conoscenze derivanti dalle pratiche di nuove ed antiche culture territoriali

4. 4 Focus sulle pratiche dei gruppi informali: i giochi di strada come indicatori di sostenibilità urbana e come Agenda 21 Locale inconscia

4. 5 L’animazione socio-culturale in ambiente urbano come chance per gestire differenza, emozione e potere

Scheda 2: DINAMICHE SVILUPPATE E FASI: IL PROCESSO AGENDA 21 LOCALE E L’INTERVENTO DI ANIMAZIONE TERRITORIALE

5. CONCLUSIONI

1. Premessa

L’inizio del nuovo millennio la questione ambientale sembra profilarsi ancora come uno dei temi centrali per la nostra società. Ma, se qualche risultato è stato ottenuto nel campo del disinquinamento (1), resta irrisolto il nodo di un cambiamento radicale e deciso verso una società ecologicamente sostenibile e quindi capace di futuro.

L’ecologia si definisce un contenuto di frontiera, rispetto al quale si manifestano sia ansie e paure come pure speranze, e al tempo stesso si configura come un territorio dove gli ambiti del locale e del globale si incontrano e si intrecciano. In ciò definendosi pure come una sorta di indicatore di efficacia delle politiche pubbliche e della capacità di queste di rinnovarsi o meno in dialogo ed in rapporto con la crescita di sovranità e di responsabilità dei cittadini.

In questo contesto dunque si manifestano scontri di interesse e opzioni strategiche diverse, come, ad esempio, hanno portato chiaramente alla luce le più recenti vicende politiche legate all’argomento protezione del clima, che ha assunto veramente carattere emblematico di come la partita sul tema dell’ambiente oggi si presenti.

La preoccupazione dei cittadini relativamente al degrado ambientale è certamente alta; recenti sondaggi indicano che il tema ambientale sarebbe la prima preoccupazione per nove italiani su dieci (2).

Sembra inoltre che ad un alto livello di sensibilità non corrisponda, per ammissione delle stesse istituzioni di Bruxelles, una chiara visione di possibili modalità di azione che ogni cittadino possa assumere in prima persona.

Infatti molti persone hanno una prospettiva ristretta di cosa si possa fare per proteggere l’ambiente e di come potersi impegnare a livello di sviluppo sostenibile; pochi in particolare hanno fiducia nell’informazione istituzionale e nell’efficienza delle politiche degli enti pubblici. Anche l’azione diretta in iniziative o la partecipazione attiva ad associazioni impegnate su questo fronte sono consistenti ma non massicce; la recente quarta indagine sul rapporto fra i cittadini e le istituzioni in Italia, diretta da Ilvo Diamanti per conto de “Il Sole-24 Ore” (3) vede infatti ben il 38% degli italiani dichiarare comunque di non aderirvi.
Anzi la tendenza che nel nostro paese sembra rinforzarsi, è quella di esprimere fiducia sempre più limitatamente all’ambito delle “solidarietà brevi” (famiglia e gruppo degli amici, in particolare), mentre si riduce l’adesione e la stessa area dell’impegno sociale e di volontariato. In più il territorio, che finalmente e certamente con ritardo è stato scoperto da alcuni anni dalle politiche pubbliche, sembra perdere quella rilevanza di consolidato baricentro dell’iniziativa sociale, mentre fra i cittadini declina il senso di appartenenza (4).
Ma come intervenire in questo nuovo contesto? Esiste nei fatti la necessità che pubblica amministrazione e privato sociale affrontino in modo condiviso questo tipo di questione. Si tratta, come tipo di procedura epistemologica, di definire alcune proposte che vadano ad inserirsi in un quadro di tipo generale da delineare e vagliare, senza commettere l’errore di avere la pretesa di tradurre immediatamente queste istanze in chiave microprogettuale.

Tuttavia un problema di tempo drammaticamente esiste. E’ infatti importante che il processo di transizione ecologica verso la sostenibilità e gli stessi percorsi innovativi che nel nostro paese si sta iniziando a mettere in atto, come quelli di Agenda 21 Locali di cui più avanti si dirà, non si incanali soltanto nell’ambito dell’educazione formale (scuola, formazione professionale, azienda, ecc.) ma arrivi in quei luoghi della vita di tutti i giorni dove si trovano le fondamenta nascoste del presente e la coscienza dei cittadini si forma.

Necessitano dunque nuove forme e vie di coinvolgimento dei cittadini e dei giovani che, partendo dal riconoscimento del ruolo che oggi riveste la socialità che il sociologo francese Michel Maffesoli definisce come “centralità sotterranea informale che assicura il permanere della vita in società” (5), si spendano negli spazi dove i mondi della vita si configurano e si manifestano, ad esempio, come in seguito preciseremo, i gruppi informali adolescenziali.

Su questa base quindi non declineremo dal compito di formulare proposte per inserire questo tipo di attenzione nei percorsi ufficiali di Agenda 21 Locale, dove l’animazione ambientale potrebbe rivestire un ruolo utile e importante per la comunicazione tra istituzioni e questo tipo di nuova realtà sociale (vedi in particolare la scheda allegata a questo articolo).

Ma queste forme, per essere attuate, richiedono una precondizione: che politici ed operatori attuino in un cambiamento del modo d’operare che – richiamandosi alla prospettiva di Habermas – rifugga dall’agire strategico strumentale di potere per assumere una chiara prospettiva etico-politica in chiave di agire comunicativo. Va superato un approccio che usa il sociale in chiave di consenso rispetto a scelte comunque già predefinite da parte di politici ed esperti consulenti. Si tratta invece da parte di costoro di creare le condizioni perché nell’ambiente quartiere si dispieghino pienamente sia una rinnovata capacità di evocazione simbolica come una effettiva possibilità di intraprendere che metta nelle mani della gente la possibilità di concretizzare un reale cambiamento delle cose.

2. I gruppi informali: un modo per pensare la sfida per adolescenti in tema di ambiente
Domandiamoci quindi come, in questo nuovo contesto, pensare ed in prospettiva gestire la sfida della tematica ambientale, in particolare nella prospettiva di quel gruppo sociale costituito dagli adolescenti. In realtà gli adolescenti rappresentano una situazione di frontiera in quanto fascia sociale di non particolare interesse per il mondo politico, malgrado rappresenti sia un’importante realtà di oggi come un soggetto in grado di prefigurare quello che sarà l’immediato domani della nostra società.
Osserviamo da vicino quella che, secondo alcune ricerche, sembrerebbe essere la percezione di questi problemi da parte dei giovani.
I profondi cambiamenti che hanno trasformato l’Europa negli ultimi tre decenni, hanno creato fra i giovani dei temi sentiti come veramente comuni: uno di questi è la protezione dell’ambiente (6) .

Questa è la conclusione, per esempio, di un’indagine svolta dagli istituti di ricerca aderenti a EUROQUEST Network a livello delle quattro maggiori nazioni europee (Francia, Germania, Italia e Gran Bretagna) nel maggio / giugno 1997. In questo contesto i ragazzi italiani sarebbero secondi solo ai tedeschi come livello di sensibilità espressa sui temi ecologici.

Ma esistono anche contraddizioni e controtendenze da tenere in seria considerazione al fine di assumere adeguate strategie di intervento. A livello del nostro continente, ad esempio, rispetto al tema dello sviluppo, appare esserci in Europa una divisione, che recenti studi e ricerche hanno definito come una frattura tra i “nuovi realisti” delle mature società occidentali e i “materialisti entusiastici” dell’Europa Centrale ed Orientale (7).

Tra i giovani europei è abbastanza comune una visione pragmatica della realtà, dove l’indipendenza personale e il rispetto degli altri occupano una posizione centrale.

Oggi i giovani, in generale, si collocano in reti intermedie di relazione che favoriscono l’aiuto comune e l’appoggio reciproco e non certo in strutture di potere piuttosto che in situazioni e meccanismi impersonali. Di qui la crisi di organismi e istituzioni formalizzate, come i partiti, i sindacati, la scuola, ecc.

E’ opinione diffusa che, oggi più di ieri, di fronte al rapido evolversi del vivere sociale, il “pianeta adolescenti” assuma una fisionomia sempre più sfuggente e mutevole.

In questo contesto di relativo isolamento rispetto al mondo adulto, ma al contempo di interazione, gli adolescenti sperimentano e si costruiscono propri atteggiamenti, comportamenti e modi di vivere.

E’ evidente come, in ognuna di queste tipologie, predomini l’attenzione ad organizzare in modo autonomo il proprio tempo di vita, in particolare a livello di tempo libero. Questo avviene solitamente senza alcuna influenza di tipo istituzionale, ma non per questo in modo totalmente individualistico. Infatti l’influenza del sociale e del gruppo è certamente presente, ma veicolata in modalità caratterizzate dal criterio dell’informalità.

Si manifesta quindi la tendenza alla formazione di gruppi che nascono proprio dal condividere all’interno del contesto urbano esigenze artistiche, comunicative, musicali, o genericamente ricreative. E’ questo il fenomeno delle c.d. aggregazioni “all’angolo della strada” (8).

In questi gruppi oggi emergono comunque nuove attitudini di rapporto, nuove modalità di vivere fisicamente l’ambiente da parte degli adolescenti. La gioventù attuale infatti sembra esprime un nuovo rapporto rispetto al tempo e allo spazio, un rapporto di relazione fisica rispetto al luogo (inteso anche come suolo), una inerzia (9). Si nota dunque l’importanza di certi spazi, ricettacoli ai fini della socialità propria alla popolazione giovanile e supporto alla sua ricerca d’identità; che pone la necessità di esplorare questa “geografia degli spazi vissuti”.

E’ questa una realtà che, nel suo modo di relazionarsi e di vivere gli spazi urbani, oscilla tra forme di iniziativa, ancora – almeno in Italia – certamente poco studiate (10), e atteggiamenti sia personali che collettivi di passività e di ripetitività degli stereotipi della cultura di massa.

Abbandonati a loro stessi nella fatica del crescere (ma anche strumentalizzati dal mercato controllato dagli adulti …), gli adolescenti adottano autonomamente strategie di risposta che rappresentano, come già annotava Bruno Bettelheim, “tentativi spontanei di dominare certe angosce provocate in loro dal tumulto della pubertà” (11). Questi comportamenti degli adolescenti sembrerebbero inoltre offrire l’opportunità di interagire con le immagini mitiche oggi esaltate dai media, creando specifici rituali di appropriazione che, talora, trovano specifica collocazione spaziale in luoghi precisi e in ambienti particolarmente evocativi.

Questa realtà pone la necessità che gli operatori strutturino una concettualizzazione pedagogica e una metodologia empirica adeguata all’obiettivo di esplorare tale “geografia degli spazi vissuti” nella città e di predisporre forme discrete e attente di valorizzazione in chiave di animazione delle pratiche urbane positive dei gruppi informali adolescenziali al fine di una crescita personale e collettiva dei nostri “ragazzi urbani”.

3. Ambiente e sostenibilità: l’importanza di un approccio a partire dalla realtà della città
Che senso ha oggi impegnarsi per avere un ambiente sostenibile? Alcuni vi associano un significato fortemente connotato in termini politico-istituzionali; si parla spesso di una nuova stagione del riformismo ambientalista…. In verità ritengo la sfida sia ben più ardua e complessa.

La questione ecologica evidenzia come siamo di fronte ad una sfida post-moderna alla razionalità scientifica come è stata stabilita e praticata dalla ricerca tecnocratica sull’ambiente.

Si tratta di considerare con molta attenzione il potenziale liberatorio presente nell’impegno per il cambiamento sui nodi dell’ecologia ma anche dell’habitat urbano e dell’ambiente costruito; infatti questo tipo di attivazione è in grado di permettere una partecipazione democratica e creativa da parte dei cittadini, che, in prospettiva può arrivare a formulare anche nuove opportunità economiche.

Quindi la salvaguardia dell’ambiente e lo sviluppo sostenibile sono il risultato dell’attività di comunicazione delle istituzioni, della partecipazione sociale e dell’educazione. Questa è una considerazione molto importante per le istituzioni che devono trovare modelli adeguati nonché alleati (come le associazioni e il mondo della scuola) per rivolgere ai giovani proposte credibili.

E’ stato osservato che, in fondo, l’idea di sviluppo sostenibile è piuttosto semplice: lo sviluppo è sostenibile se le generazioni future ereditano un ambiente di una qualità almeno uguale a quella che hanno ricevuto le generazioni precedenti (12).

Il nodo della questione è dato piuttosto dalla dimensione e complessità dei problemi da gestire e risolvere perché ciò possa avvenire. Problemi territoriali, economici, di equità sociale ma anche partecipativi, a scala locale come planetaria.

Inoltre il problema delle città risulta cruciale al fine dell’attuazione effettiva di uno sviluppo compatibile con l’ambiente. Circa il 50% della popolazione mondiale e il 70% di quella europea vive in aree urbane. Ciò inevitabilmente significa sia che in questo contesto si inseriscono i più gravi problemi ambientali come pure che le decisioni delle autorità locali e gli atteggiamenti dei cittadini sono rilevanti e determinanti al fine della loro risoluzione. Un ambiente urbano positivo in termini di risorse naturali e fisiche dipende a sua volta da efficaci sistemi di controllo dell’inquinamento, da infrastrutture ambientali e trasporti ben funzionanti, da sistemi di pianificazione che garantiscano una positiva convivenza tra uso del territorio, sua godibilità e valore estetico.

Lo strumento individuato, a partire dal Summit di Rio del 1992, per dare concretezza alle politiche ambientali a livello urbano e territoriale è dato dall’Agenda 21 Locale. Lo strumento nasce dal contributo di reti ambientaliste, come l’ICLEI (International Council for Local Environmental Initiatives), impegnate a ripensare, già da qualche anno prima dell’Earth Summit, il rapporto tra le politiche ambientali di tipo globale, a livello nazionale e nazionale, e quella degli enti locali.

In occasione del Summit era ampiamente condiviso il riconoscimento che lo sviluppo sostenibile fosse un compito della comunità globale, che poteva diventare trainante sulla base degli accordi internazionali da questa assunti. In realtà dopo pochi anni, di fronte all’evidente ritardo nell’applicazione dei vari protocolli e convenzioni approvati a Rio – valga per tutti la vicenda clima – questo ottimismo sulla possibilità di un’azione efficace e tempestiva dei governi centrali e degli organismi internazionali è presto svanito.

Di fatto, sono le istituzioni locali che in questi anni si sono dimostrate più permeabili al messaggio ambientalista e determinate a mettere in pratica quegli strumenti di governo dal basso della tematica dello sviluppo sostenibile lanciati a Rio, come appunto l’Agenda 21 Locale.

Scheda 1

L’AGENDA LOCALE 21 E I SUOI CONTENUTI

Definizione: processo attraverso il quale le autorità locali collaborano con i settori della comunità civile per redigere piani d’azione per la realizzazione della sostenibilità.

Origine: menzionata per la prima volta nel Capitolo 28 dell’Agenda 21. Viene riconosciuto il ruolo chiave delle autorità locali per il perseguimento dello sviluppo sostenibile.

Obiettivi: definire un Piano di azione ambientale locale

raggiungere il massimo consenso tra i diversi attori sociali

Agenda 21 Locale come processo
Significato operativo si connette al fatto di
· promuovere un approccio locale allo sviluppo sostenibile;

· essere costituita da una varietà di pratiche e di metodi che dipendono dalla specificità di ciascun contesto;

· non costringere in un “modello” unico al quale riferirsi.

Il processo di Agenda 21 locale può diventare insieme:

* una procedura di valutazione e coordinamento delle politiche di sostenibilità

* una pratica a monte del processo di pianificazione della sostenibilità urbana per promuovere ed innescare il programma locale di sviluppo sostenibile

L’ente locale è impegnato operativamente su un duplice fronte, a livello interno e nei confronti della comunità locale.

Le azioni interne riguarderanno:

1. il migliorare la sostenibilità locale

2. l’integrare il principio di sostenibilità nei progetti, nei piani, nelle politiche e nelle attività dell’ente locale

Le azioni per la collettività saranno finalizzate a:

1. favorire l’educazione sui temi ambientali;

2. consultare e coinvolgere le diverse componenti della comunità locale;

3. identificare una strategia di sostenibilità locale;

4. monitorare i risultati ottenuti.

Pace e sostenibilità: L’Agenda 21 Locale è un processo che può aiutare la prevenzione dei conflitti futuri; il Forum dell’AL21 può essere un’occasione per offrire a livello urbano esperienze di pace, coesistenza, tolleranza e uno spazio di comunicazione non conflittuale.

Finora le indicazioni di Rio sono state maggiormente considerate a livello locale, anche se ancora moltissimo è il lavoro da fare. Al 1998 solo 1800 città e comunità locali si erano dotate di politiche locali di Agenda 21, mentre ad oggi in Europa circa 300 città hanno sottoscritto la Carta di Aalborg delle Città europee verso la sostenibilità. In Lombardia, secondo i dati relativi all’anno 2000 raccolti dalla Direzione Generale Qualità dell’Ambiente, risulta che 27 enti locali abbiano attivato percorsi in merito

La situazione italiana, come è facile constatare raffrontando la situazione del nostro paese a quella del resto dell’Europa, malgrado un certo recente attivismo, si caratterizza per il ritardo nell’avvio di processi di Agenda 21 Locale. Più che il Governo Nazionale e delle Regioni hanno operato gli enti locali, promuovendo tra l’altro anche un coordinamento nazionale.

Ora tuttavia sono preannunciati e in parte avviati a livello nazionale e regionale interventi concreti che sembrerebbero indicare la volontà di sostenere politiche di maggior efficacia.

Con il Bando per il co-finanziamento di programmi di sviluppo sostenibile e di attuazione di Agende 21 Locali del dicembre 2000 il Ministero dell’Ambiente ha previsto un finanziamento di 25 miliardi per il finanziamento di iniziative per l’applicazione dei principi dell’Agenda 21 a livello locale (e per progetti di contabilità e di certificazione ambientale).

4. Cinque spiragli per coprogettare l’azione
La ricerca dell’animazione ambientale, che si basa su una valutazione critica dell’ambiente esistente, è proiettata verso il futuro, che viene prefigurato attraverso il dispiegamento delle potenzialità del soggetto che l’immaginazione sociale aiuta a liberare. La strategia delle connessioni dell’animazione ambientale produce un mix complesso di coscienza critica, esperienze umane multiple e competenze tecniche (ma non tecnocratiche…) finalmente comunicanti.

In particolare individuo cinque elementi che, in quanto concettualizzazioni generali ma anche possibili linee guida operative, rappresentano degli spiragli per una coprogettazione istituzioni-privato sociale di un’azione possibile nell’ambito indicato.

4.1 Uscire dal mito del “popolo inquinato” – scegliere l’etica della responsabilità ambientale

Non esiste una relazione semplice, deterministica tra le caratteristiche dell’ambiente che sono misurabili obiettivamente e i loro effetti comportamentali; queste conclusioni sono ampiamente condivise a livello di ricerche di psicologia dell’ambiente (13). La qualità ambientale, oggettivamente riscontrabile in un determinato luogo ed anche misurabile obiettivamente, è legata a valutazioni soggettive della persona, con conseguenze psicologiche e comportamentali che ogni volta vanno indagate e ricostruite.

Comunque la valutazione soggettiva dell’ambiente non costituisce una variabile semplice e tanto meno unidimensionale e monofunzionale.

Di conseguenza non è neppure ipotizzabile che la protezione dell’ambiente e lo sviluppo sostenibile a livello locale derivino automaticamente dalla lettura e dalla presa in carico del disagio ambientale e di bisogni di qualità ecologica che porterebbero ad una quasi automatica necessità di assunzione di proposte politiche di buon governo in chiave di sostenibilità.

In altre parole, si tratta di uscire dal mito del “popolo inquinato” che soffre per i misfatti ecologici derivanti dal sistema capitalistico e lotta per i radiosi avvenire di un ambientalismo generalizzato. Iniziamo piuttosto a porre con chiarezza l’urgenza di creare un collegamento tra l’impegno sul terreno dell’ecologia politica e l’azione in chiave sociale ed educativa per la modifica degli stili di vita. Ovvero si tratta di privilegiare i comportamenti come chiave di lettura della situazione e delle possibilità di cambiamento di questa, in quanto realtà già esistente e da valorizzare o piuttosto ancora da disvelare in quanto al momento solo in potenza.

Ma, se si intende portare al centro della strategia politica ambientale i comportamenti ci si trova, in particolare nel nostro paese, di fronte ad una prima capitale difficoltà. La modernizzazione sviluppata attraverso le istituzioni pubbliche negli ultimi decenni ha fatto si che, nella mente della gente, il baricentro della responsabilità primaria verso il territorio si spostasse dalla sfera della persona come piuttosto del gruppo sociale (e quindi dell’etica individuale e collettiva) verso quella del potere e della politica (14), per pensarsi come primaria se non unica prerogativa di questa.

Oggi, in Italia, è molto diffusa, se non dominante, l’idea che per gestire i problemi dell’ambiente l’unica cosa che conta è l’azione del Ministro o del Sindaco di turno, defilandosi da ogni assunzione di responsabilità per capire quanto i propri comportamenti siano o meno sostenibili e quanto sia già possibile fare in prima persona per cambiarli, assumendo un diverso stile di vita.

Ora invece è richiesta un’inversione di tendenza. Ciò è necessario soprattutto se si intende dare un’attenzione vera alla realtà giovanile, che anche nel rapporto con la città sostanzialmente si rivolge alla ricerca di gratificazione immediata e di soddisfazione concreta delle proprie esigenze, che in ogni caso è comunque al di fuori di ogni astratta teorizzazione o mediazione nei confronti della realtà. La classe politica che intenda finalmente governare in chiave di etica di responsabilità va richiamata ad una scelta prioritaria: attuare scelte urbanistiche e attivare procedure concrete (attraverso l’informazione, l’educazione, la partecipazione) finalizzate a ridare centralità all’interazione diretta e immediata dei cittadini con i luoghi e con l’ambiente di vita.

Questo è un percorso lungo e non scontato in termini di successo, che però va scelto come scelta politica di fondo e conseguentemente strutturato in debito modo.

4.2 Una pedagogia condivisa del territorio per connettere politiche per i giovani e politiche per l’ambiente e la città.
Favorire e stimolare il transito dalla dimensione corporativa a quella dell’interesse generalizzato significa creare i presupposti per rendere possibile un nuovo e reale protagonismo giovanile in grado di interrogare la società e la politica.

Ciò comporta anche il superamento della attuale situazione di connessione mancata tra politiche per i giovani e politiche per l’ambiente e la città. Questo è infatti un livello della prevenzione primaria finora mancata; della ancora mai tentata strada di un’azione politica e amministrativa attenta alla dimensione del soggetto come del dato strutturale ecologico-urbanistico.

Si tratta anche di darsi un metodo di lavoro che, mentre si muove per dare “unità” alla figura giovanile, parta da una lettura delle dinamiche e dei bisogni del mondo giovanile sviluppata in modo partecipato, in una attenzione antropologica e comunicante. Centrale diventa uno stile di lavoro che ricorra, anche nella fase di impostazione di un progetto, al metodo della ricerca-azione, dove i diversi vissuti soggettivi dello specifico giovanile siano messi in grado di comunicare rispetto alla dimensione istituzionale e comunitaria i propri significati vitali.

In questa prospettiva si inserisce la necessità di un incontro/convergenza tra la proposta di animazione giovanile in chiave di sostenibilità urbana e quella della c.d. educativa di strada. Per quanto ci riguarda, percepiamo da un lato una certa stanchezza relativamente a questa area di lavoro sociale e dall’altra un’esagerata retorica e velleitarismo di molti progetti di “città sostenibili dei bambini”, in gran parte decisi e gestiti dall’alto da parte delle istituzioni nazionali e locali e calati in contesti locali solitamente privilegiando l’ambito dell’educazione formale (scuola).

Un rilancio in chiave di rinnovato entusiasmo passa forse dal ritornare a porsi domande sulla propria identità, ovvero, in questo caso, al significato da dare al termine pedagogia del territorio. Questa convergenza può attuarsi, in primis, sulla scelta di una comune prospettiva pedagogica.

A livello della c.d. “educativa di strada”, sembrano confluire, ha sottolineato il pedagogista Duccio Demetrio, tre diverse letture:

A) una prospettiva sociologica, legata alle teorie della conoscenza, in particolar modo sviluppate da Jurgen Habermas, che cura e da attenzione alla possibilità di stringere rapporti comunicativi originari;

B) la prospettiva psicologica delle mappe psicosociali, con attenzione agli aspetti organizzativi dei gruppi e della creazione di organismi viventi all’interno della strada;

C) la prospettiva psicanalitica, che ritiene di poter produrre educazione attraverso la creazione di contenuti simbolici e di carattere affettivo, talora, in particolare questi ultimi, non conosciuti o rimossi.

La prospettiva che invece definisco “ambientalista” aggiunge un’altra lettura: quella della relazione della persona e del gruppo con le cose e con lo spazio, ovvero con la fisicità del territorio e con le valenze simboliche che questo spesso riveste, e che portano a condotte spaziali e di fruizione dell’ambiente specifiche. Condotte che, a nostro avviso, sono da considerare parte specifica del modo di vivere il territorio da parte del soggetto, e rispetto alle quali ci si deve porre in posizione sia di osservatori attenti come di interlocutori attivi, al fine di proporre stimoli educativi di fruizione dell’ambiente, positivi sia per il soggetto come anche per il territorio (inteso come comunità sociale e ambiente).

E’ quindi opportuno cercare di considerare pienamente questi aspetti onde far si che le fondamenta teoriche che è urgente e necessario dare all’educativa di strada come pure agli interventi di educazione\animazione ecologica non siano monchi rispetto agli aspetti fondamentali della relazione del soggetto con la vita globalmente intesa.

Del resto in questi ultimi quarant’anni in ambito psicologico si è sviluppata la ricerca e lo studio sui meccanismi di relazione fra l’uomo e l’ambiente, arrivando anche a strutturare un’organica disciplina, la psicologia ambientale.

Nell’affrontare il tema della relazione fra persona e ambiente, la psicologia ha strutturato campi specifici di specializzazione, relativamente, ad esempio, alla fruizione dello spazio, ovvero a “che cosa siano lo spazio personale e sociale e come l’uomo li percepisca” (15). Quest’importante patrimonio di ricerca e studio non può non essere considerato parte dei concetti di base della pedagogia del territorio, che deve affrontare anche una specifica elaborazione sul tema dello spazio, del luogo e delle pratiche spaziali dotandosi si una adeguata chiave di lettura.

Nostra ipotesi di lavoro è che l’immaginario suscitato dall’ambiente e nell’ambiente, giochi un ruolo fondamentale nella costruzione dell’identità e che, anzi, l’identità sia legata all’ambiente e all’immaginario, o, se si vuole, all’immaginario ambientale.

Da questo punto di vista condividiamo la convinzione che è stata espressa che l’identità può essere quindi definita come la relazione affettiva del fruitore con l’ambiente in cui vive (16).

4.3 Relativizzare il contributo degli esperti e valorizzare le conoscenze derivanti dalle pratiche di nuove ed antiche culture territoriali

Un errore verificatosi in non poche delle esperienze europee di sostenibilità urbana attraverso la realizzazione di percorsi di Agenda 21 Locale è stato quello di accontentarsi di Rapporti sullo Stato dell’Ambiente locale basati unicamente su informazioni tecnico-scientifiche e ricerche, anche legate alle problematiche giovanili, di tipo meramente statistico.

Suggerisco ai nostri amministratori, che con un certo ritardo si stanno avviando in questa direzione, di non accontentarsi di ciò e invece di operare affinché i dati astratti acquisiti attraverso la ricerca o la rielaborazioni delle informazioni ambientali e sociali ricavate da fonti diverse vadano contestualizzati nello specifico del territorio, individuando uno spazio sociale per la ricerca.

In ogni contesto territoriale, come in ogni comunità, si è in presenza dell’esistenza di diversi approcci sociali ai nodi ambientali considerati. Interessi diversi e vissuti emotivi si strutturano ed interagiscono anche in termini di rapporti di potere, sia pure, il più delle volte, a livello micro e non di grandi opzioni di sviluppo del territorio.

L’abilità sta nel creare e nel gestire un luogo riservato ad accogliere un dialogo concernente i giovani e la situazione dell’ambiente, la funzione degli spazi e le implicazioni dei cittadini sia nell’origine del problema come nelle azioni possibili di risanamento e sviluppo sostenibile a livello locale.

A tale fine un’opportunità importante è offerta dall’attivazione di Forum dei giovani o ambientali; ma a condizione che questi ovviamente non cadano nella trappola di “scimmiottare i grandi” e come questi normalmente operano nei Consigli Comunali ufficiali.

Il Forum invece può essere un poderoso strumento conoscitivo-progettuale utile al fine di:

evidenziare che la fase della ricerca e i risultati prodotti dai consulenti incaricati non devono essere assunti come esaustivi ma piuttosto come contributo, rilevante ma non comunque risolutivo, che deve andare a contestualizzarsi in un più ampio processo di negoziazione nel territorio interessato, esteso anche all’area dell’informalità e non solo dei gruppi strutturati;

chiarire che un obiettivo di fondo è quello che i dati raccolti non finiscano nei cassetti e che piuttosto si lavorerà per favorire la presa di decisioni democratiche e responsabili basate sull’uso dell’informazione e dei dati raccolti;

evidenziare con chiarezza l’esistenza nella comunità di posizioni differenti e individuare ruoli precisi da assumere per negoziare soluzioni ai problemi e poi tradurre in pratica le decisioni configurate.

Il Forum non è certo né uno specchio del territorio né un parlamentino che rappresenta la molteplicità dei gruppi esistenti e delle pratiche sperimentate dai giovani.

Può essere invece un soggetto disponibile a questo nuovo sforzo di ricerca per individuare pratiche sociali positive e valorizzare le conoscenze e il sapere relativo al territorio presenti nella comunità locale e spesso considerate non rilevanti.

E’ infatti solo misurandosi con questa realtà che si eviterà di avventurarsi in esperienze che poi si riveleranno come ennesime scatole vuote o che magari incontreranno l’opposizione di una realtà locale che si sente violentata da un intervento esterno di tipo colonizzatore.

A riguardo pensiamo sia alle esperienze dei gruppi informali giovanili che esprimono il punto di vista di nuove culture allo stato nascente come pure, ad esempio, a quelle degli anziani che possono invece interpretare la visione di una pre-esistente cultura contadina di livello locale o di differenti contesti regionali (per esempio le conoscenze contadine degli anziani possono essere un utilissimo retroterra culturale sul quale impostare un progetto di compostaggio urbano dei rifiuti organici).

Si opera quindi in chiave di co-management assieme agli operatori sociali impegnati territorialmente all’interno di un quadro di concertazione e di condivisione della ricerca e del progetto. In più, rispetto ai professionisti, si assume un ruolo importantissimo di “ponte” verso la realtà dell’informalità, dei mondi della vita che popolano il quartiere, che accrediterà socialmente il team di intervento, rendendo il contesto dove si opera almeno meno ostile al progetto

Poniamoci infine in modo molto ridotto il problema della metodologia della ricerca, in particolare della ricerca – azione, sia a livello di approccio epistemologico come di strumenti concreti di indagine. Non più il “bisogno” ma le “soddisfazioni ricercate”; non il questionario ma l’osservazione diretta e la documentazione delle pratiche territoriali.

4.4 Focus sulle pratiche dei gruppi informali: i giochi di strada come indicatori di sostenibilità urbana e come Agenda 21 Locale inconscia

Il concetto di sostenibilità dell’ambiente urbano può diventare qualcosa che riguardi in prima persona cittadini ed adolescenti delle città quando i gruppi giovanili riescono a trovare un loro spazio assieme agli altri gruppi che utilizzano lo spazio pubblico (ambiente socialmente sostenibile), adeguandosi all’ambiente fisico urbano (ambiente sostenibile dal punto di vista fisico), gratificati dal poter esprimere le loro capacità ed abilità (senso di appartenenza al luogo). Nelle nostre città stanno diventando capaci di “ritrovare un luogo” attraverso l’ “imposizione” dei loro giochi e dei loro progetti negli spazi pubblici e consapevoli dei contenuti della sostenibilità urbana attraverso le loro azioni concrete, sostiene il prof.Kaj Noschis del Politecnico di Losanna. In questo modo la gente prende cura dei luoghi dove vive, creando un senso psicologico di appartenenza.

Un primo passo che può operare un amministratore locale è quello mettere in evidenza e sostenere le attività concrete realizzate autonomamente da giovani in spazi pubblici nonché tutti progetti ecologici locali promossi direttamente dai cittadini. Queste esperienze, per semplice fatto di esistere, dimostrano come le comunità locali stanno diventando consapevoli e protagoniste dei contenuti della sostenibilità e sono occasione di ripensamento per una rinnovata animazione socio-culturale dei giovani e partecipazione politica dei cittadini.

Il dramma è che di norma queste esperienze di positiva appropriazione degli spazi della città da parte, in particolare, degli “adolescenti urbani” (per esibizioni come lo skate-board, le performances hip-op, i graffiti e le pitture murali, ecc.) non sono intercettate dalla programmazione e progettazione urbanistica ufficiale delle municipalità e anzi spesso sono prese in considerazione solo quando rivestono la dimensione negativa di problema di “ordine pubblico”.

Vieux Lyon (Francia)

Monza (Italia)

Dal mio punto di vista considero invece queste pratiche degli adolescenti come un significativo indicatore di orientamento in chiave di sostenibilità, che ci aiuta a descrivere i comportamenti e gli stili di vita di una componente della comunità locale.

Uno studio condotto in Belgio in 11 distretti attraverso l’osservazione di 2.800 ragazzi impegnati nel gioco indica che i “giochi di strada”, e in particolare i comportamenti ludici più attivi e creativi, compaiono nei quartieri che offrono la più grande varietà di possibilità di relazioni con lo spazio, a livello di socialità e di naturalità (17).

Ovvero la qualità dell’ambiente urbano di vita condiziona e influenza in modo molto forte i comportamenti di gioco di bambini e ragazzi, rendendoli più o meno ricchi e, ancora prima, praticabili nel contesto urbano. Rilevare quindi l’esistenza di numerose situazioni ludiche in atto in un contesto urbano significa riconoscere a questa città di aver saputo strutturare condizioni di vivibilità urbana favorevoli ai bambini, avendo adottato un design ambientale sostenibile.

In questo modo si creano i presupposti perché gli adolescenti, che vivono una dimensione che si potrebbe definire di “Agenda 21 Locale inconscia”, passino ad una successiva piena integrazione nei processi partecipativi formalizzati per attuare localmente la sostenibilità. E’ comunque opportuno precisare che, come evidenzia il prof. Sandro Sutti del Labter-CREA di Mantova, per A21L inconscia si intendono quelle attività, quei progetti, quei processi, quelle azioni che, come secondo me sono i “giochi di strada”, hanno in sé elementi o creano contesti assimilabili a quelli previsti da A21L. Penso che, ai fini del rafforzamento dell’autostima del singolo o di gruppi, l’analisi e la valorizzazione di quanto si sta già facendo può aiutare sensibilmente a trovare una motivazione ed un senso perché un gruppo adolescenziale scopra, gradualmente, di poter avere un ruolo da giocare nell’ambito dei percorsi locali di A21L.

Ecco quindi che risulta cruciale per un amministratore avere consapevolezza della fondamentale importanza della possibilità di fruizione degli spazi aperti come esperienza dell’ambiente urbano.

Tali spazi esterni possono essere pensati e progettati in chiave di continuum formativo, ovvero non segmentati per età ma legati nella prospettiva dello sviluppo umano nelle varie fasi della vita attraversate.

4.5 L’animazione socio-culturale in ambiente urbano come chance per gestire differenza, emozione e potere

Un intervento di animazione socio-culturale in ambiente urbano, che Animazione Sociale ha delineato attraverso più di un articolo dei suoi collaboratori, risulta un’importante occasione se riesce a configurarsi, sfuggendo alla ruolizzazione che si tende ad attribuirle o in quanto intervento assistenziale piuttosto che azione meramente effimero-ricreativa. Si tratta invece di rivendicare un ruolo di qualità, perseguendo una strategia integrata capace di gestire insieme quei livelli diversi che configurano la complessità di ogni contesto locale. Ovvero, come ci indicano alcune ricerche a livello di design ambientale, si tratta di essere in grado di identificare le differenze presenti, riconoscere il valore da queste soggettivamente attribuito al territorio e negoziare con tutte queste realtà decisioni comuni assunte in modo democratico ed egualitario (18).

E’ stato rilevato che a livello di comunità locale esistono e agiscono fattori emozionali che contribuisco a determinare le “soddisfazioni ambientali” ricercate dai vari soggetti a livello di fruizioni del territorio (19).

Ritengo che l’animatore socio-culturale abbia le risorse adeguate per gestire questi aspetti. Per mia particolare storia ritengo particolarmente significativa una strategia che attraverso la gestione delle emozioni interpreti e sviluppi anche i temi della diversità e del potere.

In altri termini il contributo dell’animazione ambientale potrà dare una proficua risposta a questa questione nella misura in cui riuscirà a definire un nuovo comune vissuto emotivo territoriale, che rappresenti una interazione simbolica condivisa della nuova prospettiva dello sviluppo sostenibile assunta come comune a tutti.

Questa “vision” carica quindi di valenze simbolico-affettive e da visibilità alle piste operative di progettualità e cambiamento del contesto locale e degli indirizzi di sviluppo individuate insieme. La città si riveste di nuovo senso, come luogo di avventura per lo spirito alla ricerca di una nuova unità con la Terra e con l’Umanità.

Il nodo è quello di riuscire ad evidenziare alla gente la necessità di una ricerca dell’unità che esiste tra uomo e natura, popoli e nazioni, vivendola come un’avventura aperta alla scoperta del senso dell’esistenza. Per avere la possibilità di crescere in modo equilibrato, noi abbiamo bisogno di vivere la relazione con la gente e l’ambiente, ad iniziare da quello locale, locale anche dal lato emotivo.

Si tratta di assumere immagini e simboli che esprimano forza di attrazione e di identificazione. Abbiamo bisogno di appoggiare i nostri messaggi su questo lato della natura umana, cercando una figura archetipa, iniziatica e di mediazione, di Custode della Terra che trasmetta una corretta cultura dell’ambiente, realizzando solidarietà tra paesi ed età e costruendo la pace. Questo è Green Man.

Per lungo tempo è sembrato che questo archetipo fosse stato soppresso, in conseguenza della devastazione dell’ambiente naturale e delle culture tradizioni; ma arte, letteratura e pedagogia mostrano invece che questa è ancora presente e sta dando effetti creativi. Anche le esperienze concrete realizzate in questi anni ci hanno indicano l’effettiva utilità educativa di questo archetipo in progetti di animazione per ragazzi.

Green Man – ovvero l’aspetto di naturalità che si lega all’identità umana più profonda – ritorna tra di noi e si rimanifesta, tra l’altro, nell’uso spontaneo da parte dei giovani degli spazi pubblici urbani per il gioco / sport non strutturato e nei progetti ecologici autogestiti dei cittadini

C’è una strada obbligata per arrivare alla creazione di una diffusa cultura di pace e di sviluppo sostenibile; questa non può che legare realtà ed immagine, dati ed emozioni, buone pratiche urbane o storie e contesto globale, linguaggio scientifico e comunicazione simbolica.

Per rendere possibile ciò, è necessaria la presenza di supporti materiali e stimoli estetici e visivi (come, ad esempio, in città l’animazione teatrale di strada e in ambienti naturali il trekking), incontrandosi in situazioni emotive particolarmente intense. In questo modo noi partecipiamo al mito e agiamo riti.

Così, per quanto riguarda la relazione persona/ambiente nell’età dell’adolescenza, il ragazzo vive in un continuo alternarsi di piani, in una fruizione materiale degli spazi della metropoli che oscilla fra il rinserrarsi in microfrazioni di territorio o in un rifuggire dagli schemi pianificati dall’urbanistica per stornare gli usi codificati dei luoghi del territorio a seconda delle proprie soddisfazioni ricercate in un determinato specifico momento. Il chiudersi in un punto e il vagare fra gli spazi della metropoli sono momenti che fungono da fulcro del processo di costruzione dell’identità dell’adolescente In questo senso i luoghi della città si caricano di valenze simboliche, come spazio che riesce a coniugare il vagare apparentemente senza meta con il tentativo di costruirsi una nuova dimora, questa volta extra-familiare, per la propria intimità. Assistiamo, forse, a livello del mondo degli adolescenti, alla ripresa del mito della ricerca eroica, che alterna fasi di movimento e di riposo, oscillando tra il viaggio e il rifugio in un approdo sicuro, tra il labirinto e la grotta.

Di fronte a questa tendenza dell’adolescente a legare la propria coscienza al mito risultano inefficace o meramente predicatorio ogni appello al controllo diretto di sentimenti e comportamenti. L’equilibrio ricercato si può ottenere solo adottando un rituale in grado di imbrigliare e indirizzare l’energia mitica.

Scheda: DINAMICHE SVILUPPATE E FASI: IL PROCESSO DI AGENDA 21 LOCALE E L’INTERVENTO DI ANIMAZIONE TERRITORIALE

DINAMICHE SVILUPPATE E FASI
PROCESSO AGENDA 21 LOCALE
INTERVENTO ANIMAZIONE TERRITORIALE

Attivazione del Forum (soggetti coinvolti a livello locale)

Orienta il processo di elaborazione e attua il monitoraggio dell’ l’applicazione
Costituzione del laboratorio di animazione territoriale

Definizione della metodologia di indagine nell’ambito degli spazi urbani del quartiere e dei soggetti partecipanti al lavoro

Consultazione permanente

A livello di comunità locale:

– Individua bisogni

– Definisce risorse

Individua potenziali conflitti tra interessi diversi
Avvio ricerca intervento

Ricerca di storie, fatti di vita vissuta, elementi di culture regionali, pratiche sociali in atto, in particolare a livello di giochi di strada di gruppi adolescenziali informali.

Audit urbano – Redazione Rapporto sullo stato dell’ambiente

Raccolta dei dati di base sull’ambiente fisico, sociale ed economico. Costruzione attraverso indicatori ambientali del rapporto sullo stato dell’ambiente
Comunicazione in vari modi degli elementi raccolti

Produzione di materiali vari (volantino, giornale, murale, ecc.) che rende visibili e noti gli elementi raccolti nella fase precedente

Definizione degli obiettivi
Obiettivi legati a precise scadenze temporali
Confronto aperto sugli obiettivi ipotizzati
Gestione del materiale prodotto per dialogare rispetto agli obiettivi prospettati a livello di A21L

Piano di azione ambientale
Programma di azioni concrete necessarie per raggiungere gli obiettivi. Individua gli attori e le risorse finanziarie. Volto a migliorare le condizioni ambientali e la qualità della vita dei cittadini
Attivazioni laboratori tematici di ecologia pratica

Dialogo e concertazione con quelle realtà e gruppi informali interessati a sviluppare in modo pratico la loro precedente esperienza in forme più strutturate e integrate rispetto ai contenuti del Piano di azione ambientale

Attività di reporting ambientale
Mantenimento di procedure di controllo permanente sull’attuazione e sull’efficacia del piano di azione
Spettacolazione
Nuova fase di laboratorio creativo-espressivo che veicola nel quartiere immagini e simboli che confluiscono in una grande narrazione rappresentata in pubblico

Conclusioni

I ragazzi d’oggi devono imparare a guardare al mondo in modo diverso da come invece hanno fatto i loro coetanei durante tutto il XX secolo. Ma per il giovane d’oggi, l’azione è la via obbligata per guardare al mondo.

I giovani sono responsabili dell’ambiente e soggetto di sviluppo sostenibile. E ciò non deve essere considerato come un incerto punto di vista culturale, ma piuttosto deve divenire una considerazione dalle precise implicazioni operative.

Queste implicazioni operative da garantire in un contesto di un intervento programmato di design ambientale e di animazione in ambito urbano dovrà dare attenzione a:

1) creare un contenitore per le immagini del vissuto della città e del proprio io prodotte all’interno di un processo di visualizzazione dei contenuti della ricerca eroica dell’adolescente che sia pure in grado di proporre, a partire da queste, una rappresentazione rituale capace di coinvolgere l’intera comunità.

2) registrare i tipi di fruizione dello spazio urbano e delle aree a verde da parte dei gruppi informali adolescenziali per leggere i segni, le immagini (prodotte autonomamente dai giovani o da questi riproposte) che fanno da eco al vissuto della città e del suo ambiente.

3) offrire opportunità per potenziare, rilanciare, investire su modalità educative gratificanti ma anche socialmente utili questa capacità tipica degli adolescenti.

4) aprire il gruppo degli adolescenti coinvolto ad una prospettiva di impegno di una certa stabilità in progetti di ecologia pratica, avendo fatto in precedenza sperimentare il valore etico di un rapporto equilibrato con la natura in esperienze di escursionismo\frequentazione di ambienti naturali a livello di “wilderness”.

Il progetto dovrà saper interloquire con la realtà dei gruppi informali, sapendo che, in particolare in questa età della vita, il gruppo rappresenta uno spazio di incontro di energie, anche in ragione di propri ritmi.

Il progetto intende potenziare e creare occasioni concrete, in particolare (ma non solo) rivolte ai giovani, di rapporto nonviolento con un ambiente da conoscere e da portare a percezione di proprio spazio di impegno costruttivo (ad es. di lavoro volontario) e di festa. Di ambiente cioè elemento di identità personale e collettiva. Partendo dalla ricostruzione di uno stato di fatto da mettere in luce, si tratta di muoversi per:

a) promuovere esperienze e micro-progetti di uso alternativo da parte dei giovani del proprio ambiente;

b) far contemporaneamente emergere criteri sulla scorta dei quali richiedere e impegnarsi e far impegnare l’Ente Locale per la riorganizzazione dell’ambiente in termini generali ma anche a livello microterritoriale.

Si propone quindi una strategia che sia al contempo conservazione e recupero dell’essenziale patrimonio ambientale come garanzia della presenza a livello di territorio delle condizioni che soddisfino le esigenze di crescita dei giovani. Strategia che, in sostanza, comporta l’attuazione a livello locale dell’idea di sviluppo sostenibile.

Alcune grandi città europee sembrano spingersi in questa direzione. Cito solo l’esempio di Barcellona con il grande progetto di Forum delle Culture 2004 che valorizzerà in chiave culturale un grande intervento di risanamento ambientale di un tratto costiero della città.

Riteniamo strategico creare pubblico interesse e dibattito relativamente alla realtà dei gruppi adolescenziali informali in quanto utenti degli spazi urbani e alle loro forme di fruizione positiva dell’ambiente. Ciò al fine di suscitare emulazione da parte di altri giovani, cittadini e politici e stabile collaborazione tra coloro che condividono la scelta politica di rendere sostenibili le nostre città.

Questo il senso del lavoro di una rete europea di ricercatori, operatori, rappresentanti di città europee che da un anno insieme sta studiando la realizzazione di una ricerca e mostra itinerante su “Street games: sostenibilità per i giovani urbani” di cui contiamo di raccontare in seguito gli sviluppi.

NOTE

(1) I risultati ottenuti a livello europeo, precisa l’Agenzia Europea per l’Ambiente, riguardano in particolare l’inquinamento atmosferico; ma altri problemi rimangono irrisolti; ad esempio la produzione dei rifiuti – indice chiaro di uno stile di vita consumistica – continua a crescere.

(2) Dossier Gli italiani e lo Stato, in « Il Sole – 24 Ore » del 22 Aprile 2001.

(3) IBIDEM

(4) IBIDEM

(5) M. MAFFESOLI, Il tempo delle tribù. Il declino dell’individuo, Armando Editore, Roma. 1988, p.11.

(6) Vedi E. GLEICK, The New Youth, in «Visions of Europe », Numero speciale di « Time » , inverno 1998-1999.

(7) IBIDEM

(8) F.ALTIERI, ­La compagnia all’angolo della strada­, Edizioni di ricerca, Faenza -Bologna, 1989.

(9) C. QUENAUT in ­A propos des adolescents ou libres propos d’animateurs­, p.47, riportato in SECRETARIAT D’ETAT A’ LA JEUNESSE ET AUX SPORTS, ­Des lieux pour les adolescents. Usages et amenagements des spaces de proximités­, Paris, 1987.

(10) Questi aspetti sono invece molto bene messi in luce dalla ricerca CODEJ sugli adolescenti dei “grands ensembles” francesi Vedi SECRETARIAT D’ETAT A’ LA JEUNESSE ET AUX SPORTS, ­Des lieux pour les adolescents. Usages et amenagements des spaces de proximités­, Paris, 1987.

(11) B.BETTELHEIM, Ferite simboliche, Bompiani, Milano, 1996.

(12) Altri ancora ritengono che parlare di sviluppo sostenibile sia una contraddizione in termini e preferiscono il concetto di “futuro sostenibile” o “società capace di futuro”. A riguardo vedi: W.SACHS, Dizionario dello sviluppo, Edizioni Gruppo Abele, Torino, 1998.

(13) Vedi C. LEVY-LEBOYER, Four Topics for Environmental Psychology, in « Architecture & Comportement / Architecture & Behaviour » , Vol.9, no.1, pp.145 – 150, marzo 1993.

(14) Un lucido ed ampio approfondimento di questo problema e più in generale della questione del paesaggio in Italia si trova in E.TURRI, Il paesaggio come teatro, Marsilio, Venezia,1998.

(15) “Prossemica” – precisa Edward T. Hall- è il termine che ho coniato per le osservazioni e le teorie che concernono l’uso dello spazio dell’uomo, inteso come una specifica elaborazione della cultura”. E.T.HALL, ­La dimensione nascosta­, Bompiani, Milano, 1991, II ed., p.7.

(16) Questa tesi, del resto, è stata sostenuta, teoricamente e attraverso ricerche empiriche, dallo psicanalista finlandese Kaj NOSCHIS. A riguardo vedi K.NOSCHIS, Le jeu, l’enfant et son quartier, in « Lettre du CODEJ », n.6\1990 e, in prospettiva più ampia, il già in altre occasioni citato ­Signification affective du quartier­, Librairie des meridiens, Paris, 1984.

(17) Lo studio realizzato dal “National Dienst voor Openluchtleven” di Bruxelles è citato da S.GUICHARD, J.ADER, La ville à jouer – Donner une place à l’enfant dans l’espace public, in «Architecture & Comportement / Architecture & Behaviour », Vol.7, no.2, pp.127 – 128, giugno 1991.

(18) Vedi S.SAEGERT, Charged Context: Difference, Emotion and Power in Environmental Design Research, in « Architecture & Comportement / Architecture & Behaviour » , Vol.9, no.1, pp.69 – 84, marzo 1993.

(19) IBIDEM.

Monza, aprile 2001

Roberto Albanese

http://www.greenman.it

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