L’Agenda 21 locale

Quali sono i contenuti dell’A21L e come questa può essere uno strumento efficace per tradurre in pratica a livello locale l’obiettivo generale della sostenibilità. Le esperienze realizzate in Italia e all’estero e i limiti emersi. Uno strumento per governare dal basso la globalizzazione.

Indice:

  1. Premessa
  2. I contenuti dell’Agenda Locale 21
  3. Strumenti innovativi per dare efficacia alle politiche ambientali locali
  4. Lo sviluppo sostenibile: storia di un’occasione finora mancata?
  5. L’Agenda Locale 21 alla verifica della pratica: tipologia delle esperienze realizzate e criticità
  6. Governare dal basso la globalizzazione: una opportunita’ storica per l’Agenda 21 Locale
  7. Tentare nuove vie per il coinvolgimento dei cittadini nell’attuazione dell’Agenda 21 Locale
  8. Conclusioni
  9. Note
  10. Bibliografia minima

ALLEGATI
· SCHEDA: Il Summit di Rio e l’Agenda 21
· TABELLA A – Indicatori di pressione elaborati dalla Regione Lombardia
· TABELLA B – AGENDA 21 LOCALE – Documenti di riferimento (a livello mondiale/regionale / locale)

· Links

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1. Premessa

E’ stato osservato che, in fondo, l’idea di sviluppo sostenibile è piuttosto semplice: lo sviluppo è sostenibile se le generazioni future ereditano un ambiente di una qualità almeno uguale a quella che hanno ricevuto le generazioni precedenti (1).

Il nodo della questione è dato piuttosto dalla dimensione e complessità dei problemi da gestire e risolvere perché ciò possa avvenire. Problemi territoriali, economici, di equità sociale ma anche partecipativi, a scala locale come planetaria.

Questa idea si definisce all’interno di una ricerca che ha oramai una storia piuttosto lunga, che fin dall’inizio investe ambienti industriali (elaborazioni del Club di Roma sui limiti dello sviluppo – 1968) e le grandi istituzioni internazionali. Inizialmente l’accento è posto sui limiti dello sviluppo: sviluppo e ambiente sono in conflitto e non bisogna superare alcuni confini, pena un degrado irreversibile dell’ecosistema

Negli anni successivi il focus della riflessione si sposterà via via dalla constatazione degli effetti ecologici negativi dell’attività umana fino a considerare come l’attenzione ambientale debba entrare a monte nei processi economici, sociali e politici, cambiando la qualità dello sviluppo in termini appunto di sostenibilità. Si parlerà quindi di sviluppo sostenibile, ovvero di sviluppo che soddisfa i bisogni del presente senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare i propri, evidenziando pure come anche la povertà degrada l’ambiente.

Assistiamo dunque ad un percorso di studio, ideazione e verifica che continua anche ai giorni nostri. Vediamone le tappe.

Successivamente alla conferenza ONU di Stoccolma sullo sviluppo compatibile con l’ambiente (1972) le Nazioni Unite istituiscono nel 1983 una commissione ad hoc, la World Commission on Environment and Development, che arriverà a produrre e rendere noto nel 1987 il rapporto Our Common Future (più conosciuto come Rapporto Brundtland). Ulteriore tappa significativa dello sforzo delle Nazioni Unite sarà la Conferenza mondiale su ambiente e sviluppo (Earth Summit) di Rio de Janeiro (1992).

E’ di quello stesso anno l’assunzione ufficiale da parte dell’Unione Europea di un impegno preciso a favore dello sviluppo sostenibile, che viene fatto rientrare nel Quinto programma d’Azione a favore dell’ambiente “Per uno sviluppo durevole e sostenibile”. L’Unione Europea darà vita a progetti come l’ European Sustainable Cities Project, e a periodiche occasioni di confronto. Ricordiamo in particolare la Conferenza Europea sulle città sostenibili del 1994, dove viene approvata la c.d. “Carta di Aalborg” che, dopo Rio, risulta il documento più significativo per quanto attiene l’attuazione lo sviluppo sostenibile a livello locale.

Una analitica tabella relativa ai più rilevanti documenti di riferimento è riportata tra gli allegati di questa relazione (vedi Tabella B).

In effetti il problema delle città risulta cruciale al fine dell’attuazione effettiva di uno sviluppo compatibile con l’ambiente. Circa il 50% della popolazione mondiale e il 70% di quella europea vive in aree urbane. Ciò inevitabilmente significa sia che in questo contesto si inseriscono i più gravi problemi ambientali come pure che le decisioni delle autorità locali e gli atteggiamenti dei cittadini sono rilevanti e determinanti al fine della loro risoluzione. Un ambiente urbano positivo in termini di risorse naturali e fisiche dipende a sua volta da efficaci sistemi di controllo dell’inquinamento, da infrastrutture ambientali e trasporti ben funzionanti, da sistemi di pianificazione che garantiscano una positiva convivenza tra uso del territorio, sua godibilità e valore estetico.

Lo strumento individuato, a partire dal Summit di Rio del 1992, per dare concretezza alle politiche ambientali a livello urbano e territoriale è dato dall’Agenda 21 Locale. Lo strumento nasce dal contributo di reti ambientaliste, come l’ICLEI (International Council for Local Environmental Initiatives), impegnate a ripensare, già da qualche anno prima dell’Earth Summit, il rapporto tra le politiche ambientali di tipo globale, a livello nazionale e nazionale, e quella degli enti locali.

In occasione del Summit era ampiamente condiviso il riconoscimento che lo sviluppo sostenibile fosse un compito della comunità globale, che poteva diventare trainante sulla base degli accordi internazionali da questa assunti. In realtà dopo pochi anni, di fronte all’evidente ritardo nell’applicazione dei vari protocolli e convenzioni approvati a Rio – valga per tutti la vicenda clima – questo ottimismo sulla possibilità di un’azione efficace e tempestiva dei governi centrali e degli organismi internazionali è presto svanito.

Di fatto, sono le istituzioni locali che in questi anni si sono dimostrate più permeabili al messaggio ambientalista e determinate a mettere in pratica quegli strumenti di governo dal basso della tematica dello sviluppo sostenibile lanciati a Rio, come appunto l’Agenda 21 Locale.Questa relazione intende quindi essere una premessa per chi intende introdursi a questa tematica e riflette criticamente sui nodi di contenuto e sull’organizzazione di tale processo di promozione dello sviluppo sostenibile da attuarsi in ambito comunitario e territoriale, senza comunque perdere di vista le implicazioni generali.

2. I contenuti dell’Agenda 21 Locale

Definizione: processo attraverso il quale le autorità locali collaborano con i settori della comunità civile per redigere piani d’azione per la realizzazione della sostenibilità.

Origine: menzionata per la prima volta nel Capitolo 28 dell’Agenda 21. Viene riconosciuto il ruolo chiave delle autorità locali per il perseguimento dello sviluppo sostenibile.

Obiettivi:

definire un Piano di azione ambientale locale

Raggiungere il massimo consenso tra i diversi attori sociali

Agenda 21 Locale come processo

Significato operativo si connette al fatto di

promuovere un approccio locale allo sviluppo sostenibile;

essere costituita da una varietà di pratiche e di metodi che dipendono dalla specificità di ciascun contesto;

non costringere in un “modello” unico al quale riferirsi.

Il processo di Agenda 21 locale può diventare insieme:

una procedura di valutazione e coordinamento delle politiche di sostenibilità

una pratica a monte del processo di pianificazione della sostenibilità urbana per promuovere ed innescare il programma locale di sviluppo sostenibile

L’ente locale è impegnato operativamente su un duplice fronte, a livello interno e nei confronti della comunità locale.

Le azioni interne riguarderanno:

1. il migliorare la sostenibilità locale

2. l’integrare il principio di sostenibilità nei progetti, nei piani, nelle politiche e nelle attività dell’ente locale

Le azioni per la collettività saranno azioni finalizzate a:

1. favorire l’educazione sui temi ambientali;

2. consultare e coinvolgere le diverse componenti della comunità locale;

3. identificare una strategia di sostenibilità locale;

4. monitorare i risultati ottenuti.

Le tappe della LA21

Il processo di LA21 (Local Agenda 21) si sviluppa per tappe, dove il compito assunto dal soggetto promotore (di norma, ma non necessariamente, l’ente locale) è rivolto allo sviluppo di determinate dinamiche.

In primo luogo si procede all’attivazione del c.d. Forum, coinvolgendo i vari soggetti della società civile presenti a livello locale. Il Forum avrà il compito di orientare il processo di elaborazione e di attuare il monitoraggio dell’ l’applicazione della LA21.

Sempre tramite il Forum, si sviluppa la consultazione permanente a livello di comunità locale per:

individuare bisogni

definire risorse

individuare potenziali conflitti tra interessi diversi

Successivamente si procede a realizzare l’attività di audit urbano. In questa fase centrale è una dinamica di ricerca, basata sulla raccolta dei dati di base sull’ambiente fisico, sociale ed economico. Così, attraverso l’utilizzo di indicatori ambientali, si arriva a definire il Rapporto sullo stato dell’ambiente.

Segue la definizione di obiettivi, che vengono legati a specifiche scadenze temporali.

Il successivo documento di riferimento elaborato è il Piano d’azione ambientale. Il Piano, volto a migliorare le condizioni ambientali e la qualità della vita dei cittadini, si configura come un programma di azioni concrete necessarie per raggiungere gli obiettivi, individuando pure attori e risorse finanziarie.

Infine arriviamo all’attività di reporting ambientale, che può essere attuata grazie al mantenimento di procedure di controllo permanente sull’attuazione e sull’efficacia del piano di azione.

3. Strumenti innovativi per dare efficacia alle politiche ambientali locali

Il consenso sui temi ambientali spesso si presenta come piuttosto aleatorio e volatile. Non sempre sono disponibili dati completi e comparabili relativi alle condizioni degli ecosistemi, all’impatto della popolazioni, alla vulnerabilità della comunità locale ai rischi ambientali, all’implicazione dei vari territori in relazione a problemi globali (cambiamento climatico, protezione della fascia di ozono, ecc.), alla capacità sociale ed istituzionale di affrontare la questione ambientale.

L’Agenzia Europea dell’Ambiente lamenta l’insufficienza dei dati disponibili relativamente a numerosi aspetti dell’ambiente urbano (rifiuti, consumi idrici e depurazione delle acque, inquinamento acustico ed atmosferico, ecc.); ciò non consente una valutazione completa dei mutamenti in atto nell’ambiente urbano in Europa avviati anche nel quadro delle politiche locali di Agenda 21.

Risulta quindi importante dotarsi di strumenti di misurazione, in quanto in questo modo i problemi possono essere identificati, si possono analizzare le diverse opzioni operative, portare correzioni sulla base di fatti, valutare i risultati ottenuti.

Sono stati quindi elaborati indicatori di sostenibilità ambientale da parte di diversi gruppi di studio accademici legati a varie istituzioni e soggetti: ONU, Agenzia Europea dell’Ambiente, OCSE, ecc. Tra l’altro l’imminente incontro di Davos 2001 del World Economic Forum sarà occasione per presentare un nuovo set di indicatori promossi da questo organismo (2).

La Regione Lombardia ha rielaborato gli “indicatori di pressione” proposti nel 1999 dall’Ufficio Statistica dell’Unione Europea, realizzando – a partire dall’utilizzo di 37 indicatori (vedi la Tabella A fra gli allegati) – il Primo Rapporto sullo stato dell’Ambiente in Lombardia, reso pubblico nel febbraio 2000.

In generale, è possibile definire una tipologia di indicatori, differenziandoli – a seconda che abbiano la finalità perseguite – in indicatori descrittivi, indicatori prestazionali, indicatori aggregati e di orientamento (cfr. Tabella 1 seguente).

Per quanto riguarda specificatamente la LA21 possiamo evidenziare che gli indicatori:

I. si definiscono come strumento di diagnosi per l’identificazione degli obiettivi da raggiungere con la LA21 e per la verifica delle strategie da questa messe in atto;

II. si caratterizzano come strumento in grado di dare informazioni in modo sintetico relativamente ad un fenomeno analizzato, in modo tale da quantificarlo e renderlo chiaramente percepibile;

III. sono da specificarsi e vanno elaborati in autonomia all’interno di ogni particolare contesto locale (pur mantenendo un quadro di riferimento concettuale e criteri di selezione degli indicatori il più possibile condivisi a livello generale).

Gli indicatori di sostenibilità, ad esempio, possono specificare e anche definire quantitativamente il modello operativo per attuare la sostenibilità in ambito locale realizzando la LA21.

Modello che si precisa su tre livelli:

rilevazione dello STATO DELL’AMBIENTE

individuazione delle PRESSIONI RILEVATE

elaborazione di RISPOSTE DA METTERE IN ATTO

4. Lo sviluppo sostenibile: storia di un’occasione finora mancata?

Indipendentemente dai risultati, la preparazione del Summit di Rio ha contribuito a trasformare in profondità gli approcci e le percezioni di tutti coloro che, nella società civile, operano per realizzare i diritti all’equità, alla democrazia, al rispetto dell’ambiente e allo sviluppo.

“I governi hanno preso alcune misure positive, ma i risultati sono deludenti e non all’altezza delle sfide da raccogliere”, commenta Maurice Strong, già segretario generale del vertice di Rio, in occasione dell’assemblea generale straordinaria delle Nazioni Unite – denominata Rio + 5 – che si svolse a New York dal 23 al 27 giugno 1997.

Obiettivi i questo nuovo vertice erano: “Identificazione dei risultati ottenuti, analisi delle inadempienze e dei fallimenti, proposte di misure correttive”.

In effetti, ad esempio nell’Europa occidentale si è riusciti dopo Rio ad ottenere miglioramenti per alcuni aspetti dell’inquinamento, segnatamente quello relativo alle emissioni di anidride solforosa.

La dichiarazione finale approvata a New York, strutturata in 129 articoli, si è limitata a riaffermare i principi approvati a Rio, senza assumere alcun nuovo impegno né rinegoziazione delle convenzioni approvate in quella occasione o dell’Agenda 21.

Finora le indicazioni di Rio sono state maggiormente considerate a livello locale, anche se ancora moltissimo è il lavoro da fare. Al 1998 solo 1800 città e comunità locali si erano dotate di politiche locali di Agenda 21, mentre ad oggi in Europa circa 300 città hanno sottoscritto la Carta di Aalborg delle Città europee verso la sostenibilità.

In Lombardia, secondo i dati relativi all’anno 2000 raccolti dalla Direzione Generale Qualità dell’Ambiente, risulta che 27 enti locali abbiano attivato percorsi in merito, con tre amministrazioni provinciali (Milano, Cremona, Lodi), ventitré comuni (vedi Tabella 2 allegata) e un parco regionale (parco dell’Alto Garda Bresciano).

La situazione italiana, come è facile constatare raffrontando la situazione del nostro paese a quella del resto dell’Europa, malgrado un certo recente attivismo, si caratterizza per il ritardo nell’avvio di processi di Agenda 21 Locale. Più che il Governo Nazionale e delle Regioni hanno operato gli enti locali, promuovendo tra l’altro anche un coordinamento nazionale.

Ora tuttavia sono preannunciati a livello nazionale e regionale interventi concreti che sembrerebbero indicare la volontà di sostenere politiche di maggior efficacia. Vediamo brevemente cosa hanno previsto a riguardo il Ministero dell’Ambiente e la Regione Lombardia ( vedi la “Proposta di azioni e strumenti per lo sviluppo sostenibile” elaborata dalla Direzione Generale Qualità dell’Ambiente e resa pubblica in data 11 Dicembre 2000).

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Il Ministero dell’Ambiente e le Agende 21 Locali

I provvedimenti più rilevanti adottati riguardano l’adozione del Piano nazionale per lo Sviluppo Sostenibile e un Bando per la promozione delle Agende 21 Locali.

A – Piano nazionale per lo Sviluppo Sostenibile

Approvato con Delibera del CIPE del 28/12/1993, è il primo documento del Governo italiano su tale argomento.

Prevede:

1) trasversalità e intersettorialità delle preoccupazioni ambientali rispetto alle varie strutture e livelli di governo;

2) adozione di un coerente sistema di pianificazione – controllo – gestione;

3) sviluppo della partecipazione pubblica ai processi decisionali.

B – Bando per il co-finanziamento di programmi di sviluppo sostenibile e di attuazione di Agende 21 Locali

Il Ministero dell’Ambiente ha previsto un finanziamento di 25 miliardi per il finanziamento di iniziative per l’applicazione dei principi dell’Agenda 21 a livello locale (e per progetti di contabilità e di certificazione ambientale).

Le tipologie di intervento ammesse a finanziamento riguardano:

1) la realizzazione di studi per la caratterizzazione ambientale del territorio (Relazione sullo stato dell’ambiente), contabilizzazione degli elementi di qualità ambientale finalizzati alla certificazione ambientale, realizzazione di studi e sperimentazioni di progetti di contabilità ambientale;

2) le azioni a sostegno dell’informazione e della partecipazione del pubblico;

3) la predisposizione di documenti inerenti alla definizione di strategie di sviluppo sostenibile e piani di azione locale;

4) la realizzazione di studi di prefattibilità delle azioni già individuate nei piani di azione locale.

Il relativo bando è pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 301 del 28/12/2000

Infine, tra le iniziative promozionali, ricordiamo la Seconda edizione del premio città sostenibili (GU n°298 del 22/12/2000).

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La Regione Lombardia e le Agende 21 Locali

Il Piano Regionale di Sviluppo (PRS) della Regione Lombardia attualmente in vigore prevede la realizzazione dell’obiettivo programmatico “Sviluppo sostenibile”. A tal fine sono stati precisati alcuni obiettivi gestionali che dovranno essere raggiunti attraverso un insieme differenziato di azioni e strumenti, anche in tema di Agenda 21 Locale.

La “Proposta di azioni e strumenti per lo sviluppo sostenibile” prevede la “promozione di strumenti per la diffusione e l’attuazione dei processi di Agende 21 Locali in Lombardia tramite una sensibilizzazione rafforzata, l’orientamento verso priorità strategiche e il sostegno delle iniziative. Questo ultimo strumento è da predisporre in coordinamento e sinergia con il Bando in via di pubblicazione da parte del Ministero dell’Ambiente.

Si intende ampliare il numero delle esperienze regionali (NdR: attualmente circa una trentina) promovendo in particolare azioni di sensibilizzazione rivolte agli Enti Parco e ai Comuni che potranno accedere agli aiuti dei Fondi Strutturali Comunitari (OB2).

Attenzione specifica viene attribuita, da parte della Regione, alla creazione di modelli di Agende 21, praticabili e replicabili nelle future esperienze nonché all’efficacia del raggiungimento di concreti risultati di miglioramento ambientale anche di tipo intermedio.

In questo approccio le politiche regionali, volte a ridurre la pressione sulle risorse ambientali e naturali, sono agevolate dal concorso delle azioni messe in campo a partire dai contesti locali. Si intende favorire una logica bottom-up volta a favorire gli impegni, i patti e le alleanze di tutti i soggetti (pubblici privati) e la partecipazione dei cittadini sul territorio”.

5. L’Agenda 21 Locale alla verifica della pratica: tipologia delle esperienze realizzate e criticità

Recentemente si è tentato di definire un quadro tipologico delle diverse forme di Agenda 21 Locale realizzate praticamente (3).

Si è parlato di Agenda 21 Locale di conoscenza, di coinvolgimento, di miglioramento dei servizi e Agenda 21 Locale per eccellenza. Ecco una sintetica descrizione.

A21L di conoscenza – E’ centrata sul lavoro di raccolta dati sulla situazione dello stato dell’ambiente, sviluppato sulla base di un determinato set di indicatori di sostenibilità.

A21L di coinvolgimento – Risulta essere l’approccio più diffuso a livello internazionale. Valorizza e struttura la partecipazione della comunità locale, come via obbligata che, attraverso la comunicazione e l’educazione, porta alla modificazione di comportamenti e stili di vita dei cittadini.

A21L di miglioramento dei servizi – Punta a rivedere e ottimizzare il tipo di prestazioni dei servizi ambientali offerti alla cittadinanza.

A21L per eccellenza – Segue un’ottica di lungo periodo, attuando l’integrazione delle tematiche ambientali nel discorso dello sviluppo.

Ritengo che alle citate tipologie vada aggiunta un’altra forma di Agenda 21 Locale (che nella situazione italiana mi sembra discretamente presente nel territorio alto atesino / sud tirolese). Una A21L di solidarietà e cooperazione internazionale, con una prospettiva di lavoro che lega all’intervento locale sulle situazioni ambientali del territorio la promozione dello sviluppo del Sud del mondo. Esigenza ampiamente evidenziata in occasione del Summit di Rio.

In questo caso, attraverso la realizzazione di gemellaggi e micro progetti, si attua uno scambio di azioni concrete, ad esempio per la protezione del clima, aventi come obiettivo in questo caso la riduzione delle emissioni di CO2 nelle città del Nord e la difesa e lo sviluppo sostenibile del territorio delle foreste pluviali dell’Amazzonia. Fulcro di una strategia di questo tipo è l’organismo internazionale Alleanza per il Clima, al quale aderiscono circa mille enti locali europei e le organizzazioni dei popoli indigeni.

Considerando i diversi casi di LA21, ed in particolare quelli del nord Europa, si rileva che il limite dell’esperienza finora realizzata è da trovarsi nel fatto che le amministrazioni locali tendono a privilegiare gli aspetti di indagine ambientale e di pubbliche relazioni, mentre l’aspetto partecipativo può restare fine a se stesso.

E’ comune a non poche esperienze di iniziative locali il fatto di trovarsi così, dopo un certo tempo dall’avvio del Forum e dall’adozione degli strumenti indicati, a dover constatare di non incidere praticamente, domandandosi di conseguenza che cosa fare concretamente. Ecco quindi l’esigenza di porre al centro del percorso di Agenda 21 Locale il nodo di come riuscire a realizzare dal basso una progettualità capace di declinare operativamente a livello locale tematiche specifiche ma anche generali.

6. Governare dal basso la globalizzazione: una opportunità storica per l’Agenda 21 Locale

Per circa dieci anni – a partire dal collasso del sistema socialista – il mercato è sembrato l’unica chance per realizzare prosperità e benessere; la stessa politica ambientale è stata fondamentalmente sacrificata a questo tipo di opzione, al contempo ideologia e bussola di orientameno pratico delle élites di governo.

Ma ora si stanno aprendo un nuovo spiraglio.

Il rapido cambiamento conseguente alle spinte economiche e all’assalto delle nuove tecnologie ha indotto una reazione contestativa; a reagire non è solo il “popolo di Seattle” ma anche il singolo cittadino, le famiglie che si rendono conto che le scelte della globalizzazione producono effetti sempre più concreti e tangibili nelle scelte quotidiane della propria vita, dal cibo, al lavoro, alla sfera della procreazione ….

Uno degli aspetti della globalizzazione è che in questi anni le aziende – in particolare le grandi multinazionali ma non solo queste … – di fatto hanno strappato ai governi fette molto ampie di potere; ciò le mette in grado di definirsi come soggetti capaci non solo di produrre affari ma anche di indurre cambiamento in senso globale.

Così sembra ora mai matura una proposta da porre all’ordine del giorno all’inizio di questo nuovo millennio: le aziende private devono assumere una visione maggiormente consapevole dell’importanza pubblica del proprio ruolo. Dovrebbero accettare che è spesso nel loro stesso interesse aiutare le comunità dove fanno business a migliorarsi, creando migliori condizioni di vita, e questo sia in patria che all’estero.

Tale tipo di impegno risulta fondamentale soprattutto nei confronti del Terzo Mondo, dove troppo spesso ci si è limitati allo sfruttamento a basso prezzo del lavoro e delle risorse nei paesi in via di sviluppo, senza limitare l’immenso gap (a livello di salute, benessere, ecc.) che separa i paesi poveri da quelli ricchi. E’ soprattutto in questi paesi, dove i governi sono deboli, che le aziende devono prendersi in carico in prima persona i costi sociali della loro attività economica.

In effetti già cogliamo segnali in questa direzione, come il nuovo fenomeno del “venture philanthropy” nell’ambito del quale gli imprenditori (primo fra tutti Bill Gates) applicano alcune lezioni pratiche del business all’appassionato compito di migliorare le condizioni di vita della gente (4).

Un altro indizio è dato da come sta mutando l’atteggiamento dell’industria in relazione al tema della protezione del clima. In questi mesi – commenta Karl Schibel, membro della presidenza del network “Alleanza per il Clima” – “cresce il sostegno da un ambito insolito: una serie di imprese importanti (Ford, DuPont, BP, Amoco, Daimler Chrysler, General Motors, Texaco) dopo Kyoto hanno cambiato orientamento. Alcune sostenevano, anche fino a poco tempo fa, la Global Climate Alliance, un club di avversari alla protezione del clima che cercava con una campagna pubblicitaria di 13 milioni di dollari di negare le conseguenze dell’effetto serra. Non solo tutte quante hanno abbandonato l’organizzazione, ma molte di queste imprese adesso promuovono attivamente le energie rinnovabili e l’uscita dall’era fossile” (5).

Ora, nel panorama complessivo di un mondo che sembra risvegliarsi dall’ebbrezza liberista dell’ultimo decennio, scelte politiche e opzioni locali possono avere maggiori opportunità per incidere sulla realtà. Ma ciò non corrisponde necessariamente con una rilegittimazione delle istituzioni e dei partiti; anzi, a tutt’oggi, le politiche pubbliche in se restano infatti ben lontane dal raggiungere la gente e la classe politica è chiusa e diffidente verso un effettivo coinvolgimento partecipativo che ridimensionerebbe la supposta “onnipotenza” dei dirigenti politici di turno.

Se non sono più proponibili politiche pubbliche improntate al “comando-e-controllo”, siamo ancora ben lontani dall’essere riusciti a diffondere in pratica quella nuova impostazione basata sulla partnership e sulla condivisione di valori e obiettivi comune tra pubblico e privato, pur nella differenza dei ruoli. La necessità di spostarsi verso strumenti ed azioni volontarie è anche la chiara indicazione che perviene dal Quinto programma d’Azione (1993-1998) dell’Unione Europea, come illustra la tabella seguente.

Prendiamo in considerazione ad esempio il mondo giovanile, ed in particolare la realtà degli adolescenti. Il coinvolgimento di questo target group può avvenire, sottolinea il prof.Kaj Noschis, docente di psicologia dell’ambiente al Politecnico di Losanna, “quando i gruppi di adolescenti delle città riescono a trovare un loro spazio assieme agli altri gruppi che utilizzano lo spazio pubblico (ambiente socialmente sostenibile), adeguandosi all’ambiente fisico urbano (ambiente sostenibile dal punto di vista fisico), gratificati dal poter esprimere le loro capacità ed abilità (senso di appartenenza al luogo). Nelle nostre città stanno diventando capaci di “ritrovare un luogo” attraverso l’ “imposizione” dei loro giochi e dei loro progetti negli spazi pubblici e consapevoli dei contenuti della sostenibilità urbana attraverso le loro azioni concrete”. In questo modo la gente prende cura dei luoghi dove vive, creando un senso psicologico di appartenenza.

Il dramma è che di norma queste esperienze di positiva appropriazione degli spazi della città da parte degli “adolescenti urbani” non sono intercettate dalla programmazione e progettazione urbanistica ufficiale delle municipalità e anzi spesso sono prese in considerazione solo quando rivestono la dimensione negativa di problema di “ordine pubblico”. Dal mio punto di vista considero invece queste pratiche degli adolescenti come un significativo indicatore di orientamento in chiave di sostenibilità.

E’ comunque in ogni caso fondamentale che, se si mira al coinvolgimento dei target group, questa partecipazione debba essere un qualcosa di “vero” e non una semplice esercitazione teorica o gioco di simulazione. Ovverosia si deve dare alla gente la reale possibilità di “contare”, riuscendo a modificare in prima persona la realtà delle cose.

Per fare ciò deve prioritariamente cambiare la politica e il modo di essere e di operare della pubblica amministrazione. Ma come? Ad esempio dando la possibilità agli abitanti dei quartieri di definire in modo molto concreto e democratico la destinazione dei fondi municipali, secondo il criterio del c.d. budget partecipativo. Così nell’esperienza concreta messa in atto dalla città brasiliana di Porto Alegre, gli abitanti dei quartieri decidono quale tipo di infrastruttura desiderano creare o migliorare, hanno la possibilità di seguire l’evoluzione dei lavori e le varie fasi di impegno finanziario. In questo modo, ha osservato la stampa internazionale (6), non è possibile sviare fondi o fare abusi e gli investimenti corrispondono esattamente alle aspettative che risultano maggioritarie a livello di cittadinanza.

8. Conclusioni

Questa relazione, oltre a descrivere in chiave divulgativa gli aspetti di merito e di metodologia del processo di Agenda 21 Locale, ha tentato di porre una visione critica, attenta in particolare a porre in evidenza quelli che ritengo essere i nodi che potrebbero risultare cruciali al fine di sbloccare una situazione che risulta problematica e, ritengo, di sostanziale stallo.

In particolare ho evidenziato tre questioni:

la valorizzazione in un ruolo pubblico di positiva responsabilità sociale del mondo imprenditoriale. Competenza nella gestione delle risorse e managerialità nell’organizzazione di progetti sono sicuramente elementi importanti per la riuscita di processi locali di Agenda 21;

indirizzare la mobilitazione anti-globalizzazione verso una prospettiva di governo dal basso dell’interdipendenza proprio attuando le Agende 21 Locali (viste però anche in prospettiva di solidarietà e cooperazione internazionale tra comunità locali);

far tesoro delle esperienze nord europee, per evitare impostazioni dove risulti egemonico l’aspetto tecnocratico o di promozione di immagine del politico di turno e scegliere invece la strada dell’innovazione e della concretezza.

Si tratta infatti di avviare la sperimentazione creativa e concreta di nuove vie per il coinvolgimento dei cittadini nell’attuazione dell’Agenda 21 Locale, differenziate per ogni target group e con progetti operativi di cui si possano rilevare i risultati positivi.

E’ stato già fatto l’esempio degli adolescenti; anche l’ambito del mondo della scuola presenta ampi spazi per interventi sperimentali correttamente impostati e promossi in prima persona da docenti e studenti.

Proprio al fine di rispondere all’esigenza di concretezza precedentemente evidenziata, penso che sia necessario dare attenzione tra l’altro alla salvaguardia del clima come un tema centrale dell’attuazione dell’Agenda 21 Locale.

L’occasione del prossimo summit di verifica delle politiche si sostenibilità a livello planetario – “Rio + 10” – previsto per il 2002 sarà una grande occasione per considerare a tutto tondo queste problematiche.

Sottolineo, infine, pur ritenendo di non soffermarmi qui su tali aspetti, che il tema della sostenibilità si intreccia in modo ineludibile con quello della pace. Pace e sostenibilità sono interdipendenti e dipendono da come operiamo, imparando specificatamente un nuovo stile di vita nella quotidianità attraverso la realizzazione di esperienze. L’Agenda 21 Locale è un processo che può aiutare la prevenzione dei conflitti futuri; il Forum della LA21 può essere un’occasione per offrire a livello urbano esperienze di pace, coesistenza, tolleranza e uno spazio di comunicazione non conflittuale.

Agenda 21 Locale quindi come uno strumento per abitare il mondo, costruendo una cultura urbana di pace.

9. NOTE

(1) Altri ancora ritengono che parlare di sviluppo sostenibile sia una contraddizione in termini e preferiscono il concetto di “futuro sostenibile” o “società capace di futuro”. A riguardo vedi: WOLFGANG SACHS, Dizionario dello sviluppo, Edizioni Gruppo Abele, Torino, 1998.

(2) KIM SAMUEL-JOHNSON, An Environmental Scorecard, in “Newsweek – Special Edition”, dicembre 2000–febbraio 2001, pp.30-31.

(3) Vedi GIORGIO BALDIZZONE, L’Agenda 21 come strumento cardine delle politiche di sviluppo sostenibile, in Ambiente e Sviluppo, n.°5, settembre-ottobre 2000, pp.15-16.

(4) MARTIN VARSAVSKY, How to Build a Dream, in “Newsweek – Special Edition”, Dicembre 2000 – Febbraio 2001, p.86.

(5) Per quanto riguarda quindi la protezione del clima – prosegue Karl Schibel – “stanno per nascere quindi nuove costellazioni e coalizioni che forse cambieranno fondamentalmente la dinamica dei negoziati già nei prossimi mesi. Le reti delle città che stanno lottando per la vivibilità dei loro comuni si ritrovano a fianco a fianco con rappresentanti di paesi poveri, governi lungimiranti di alcuni paesi ricchi, gran parte delle organizzazioni ambientali non governative e un gruppo crescente di imprese multinazionali. Non sembra troppo ottimistico sperare in una modifica notevole della posizione del Giappone, e forse anche degli Stati Uniti, che rifletterà spostamenti nell’equilibrio delle forze economiche nelle rispettive industrie nazionali”.

(6) IGNACIO RAMONET, Porto Alegre, in “Le Monde Diplomatique”, gennaio 2001. p.1.

10. Bibliografia minima

COMMISSIONE MONDIALE PER L’AMBIENTE E LO SVILUPPO, Il futuro di noi tutti. Rapporto della Commissione Mondiale per l’Ambiente e lo Sviluppo, Bompiani, 1988.

EDOARDO SALZANO, La città sostenibile, Edizioni delle Autonomie, 1992.

WUPPERTAL INSTITUT, Futuro sostenibile, riconversione ecologica, Nord-Sud, nuovi stili di vita, Emi, 1997.

WOLFGANG SACHS, Dizionario dello sviluppo, Edizioni Gruppo Abele, Torino, 1998.

S.PAREGLIO (a cura di), Guida europea all’Agenda 21 Locale (ICLEI), Fondazione Lombardia per l’Ambiente, 1999.

REGIONE LIGURIA, Agenda XXI Regionale, Dipartimento Ambiente e Territorio, 2000.

AGENZIA NAZIONALE PER LA PROTEZIONE AMBIENTALE, Manuale Anpa. Linee guida per le Agende XXI Locali, 2000.

GIORGIO BALDIZZONE, L’Agenda 21 come strumento cardine delle politiche di sviluppo sostenibile, in Ambiente e Sviluppo, n.°5, settembre-ottobre 2000

ALLEGATI

SCHEDA: Il Summit di Rio e l’Agenda 21

Cos’è:

documento conclusivo dell’Earth Summit di Rio de Janeiro (1992)

Raccolta di intenzioni e proponimenti non vincolanti

Struttura:

Quattro sezioni

Dimensioni economiche e sociali

Conservazione e gestione delle risorse

Rafforzamento del ruolo delle forze sociali

Strumenti di attuazione

40 Capitoli

Introduzione

· Identificazione delle aree di programma

· Basi di azione delle attività e degli strumenti attuativi

Sintesi delle proposte operative:

dimensioni economiche e sociali, con proposta di integrare i problemi ambientali nel processo decisionale e favorire la partecipazione di tutti coloro che sono coinvolti

conservazione e gestione delle risorse per lo sviluppo, in particolare attraverso la lotta all’inquinamento e politiche di risparmio e di efficienza energetica, anche per evitare il surriscaldamento dell’atmosfera

rafforzamento del ruolo degli attori principali, in quanto lo sviluppo sostenibile è compito che riguarda la società civile nelle sue varie articolazioni, oltre che i governi

strumenti di attuazione, con la quantificazione dei costi per quanto riguarda l’attuazione dell’Agenda 21 nei PVS in circa 600 miliardi di dollari annui, per coprire i quali si ricordano tutta una serie di opzioni (0,7% del PNL dei Paesi sviluppati, riduzione del debito, …).

Tipologia di indicatori (Tabella 1)

TIPO DI INDICATORE FINALITA’
INDICATORI DESCRITTIVI Valutare l’andamento dei fenomeni da governare
INDICATORI PRESTAZIONALI Misurare il tasso di scostamento da valori di riferimento
INDICATORI AGGREGATI Dare una informazione di sintesi
INDICATORI DI ORIENTAMENTO Descrivere i comportamenti e gli stili di vita della comunità locale

Tabella 2 – Comuni della Lombardia che hanno attivato politiche di Agenda 21 Locale (anno 2000)

BRESCIA Brescia
CREMONA Crema, Cremona
LECCO Lecco
LODI Lodi
MILANO Bellusco, Bresso, Cesano M., Cinisello B., Cologno M., Desio, Meda, Mezzago, Monza, Muggiò, Rho, Sesto S.G., Seveso, Vimercate.
MANTOVA Mantova, Sermide.
PAVIA Pavia.
VARESE Lonate P.

Tabella 3 – L’ambiente nei piani d’azione comunitari

I PRINCIPI DELLA LEGISLAZIONE AMBIENTALE EUROPEA PRINCIPALI AREE DI INTERVENTO PER UNA POLITICA DI SVILUPPO URBANO SOSTENIBILE
1. Prevenzione
2.“Chi inquina paga”
3.Sussidiarietà
4.Responsabilità condivisa
a. Ambiente
b. Usi del suolo
c. Trasporti
d. Usi delle risorse
e. Economia
f. Società

TABELLA A – Indicatori di pressione adottati dalla Regione Lombardia

CAMPO D’AZIONE INDICATORE

Inquinamento dell’aria
Emissioni di NOX
Emissioni di NMVOCs
Emissioni di SO2
Consumo di combustibili per autotrazioni
Consumo lordo di energia

Cambiamenti climatici Emissioni di CO2
Emissioni di CH4
Emissioni di N2O

Perdita di biodiversità Intensità agricola: area utilizzata per agricoltura intensiva
Superficie forestale
Cambiamento tradizionali pratiche uso suolo (r.2078/92)
Cambiamento tradizionali pratiche agricole (a.biologica)
Superficie delle aree protette

Esaurimento delle risorse Consumo acqua pro capite (inclusa acqua del sottosuolo)
Uso di energia pro capite
Territorio occupato da aree urbanizzate, aree dimesse, siti da bonificare e discariche RSU
Bilancio dei nutrienti del suolo
Produzione di elettricità da combustibili fossili

Dispersione sostanze tossiche Consumo di pesticidi in agricoltura
Consumo di composti chimici tossici
Indice dell’emissione di metalli pesanti in aria

Problemi dell’ ambiente urbano Consumo finale di energia, esclusa agricoltura
Rifiuti urbani non riciclati
Acque di scarico non trattate
Quota di trasporto automobilistico privato

Rifiuti Rifiuti in discarica
Rifiuti ad incenerimento
Produzione di rifiuti pericolosi
Produzione di rifiuti urbani
Produzione di rifiuti da altri settori economici
Rifiuti riciclati

Inquinamento dell’acqua Uso (in equivalenti di eutrofizzazione) di nutrienti (N+P)
Utilizzo di acqua del sottosuolo
Pesticidi utilizzati per ettaro di area agricola
Quantità di azoto utilizzato per ettaro di area agricola
Acqua trattata / Acqua raccolta
Emissioni di sostanza organica come BOD

TABELLA B – AGENDA 21 LOCALE – Tabella documenti di riferimento (a livello mondiale / regionale / locale)

NAZIONI UNITE
Carta della Terra (1992)
Agenda 21 (1992)
Rio +5: Programma per la continuità dell’applicazione dell’Agenda 21 (1997)

UNIONE EUROPEA

V Programma d’Azione dell’Unione Europea (1992)

REGIONI

Risoluzione di Bruxelles (1993)
Carta di Valencia (1995)
Dichiarazione ministeriale di Malmö (11/2000)
Risoluzione di Göteborg (1997)
Conferenza di Wexford (1999)

CITTA’ EUROPEE

Carta d’Aalborg (1994)
Piano d’azione di Lisbona (1996)
Dichiarazione di Siviglia. (1999)
Dichiarazione di Hannover (2000)

Roberto Albanese

http://www.greenman.it

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