La Compagnia dell’Uomo dei boschi

La metodologia animativa della “Compagnia dell’Uomo dei Boschi” in una esperienza di formazione e di scambio interculturale giovanile realizzato presso il Centro di Educazione Ambientale di Fraine (Pisogne / BS) nel biennio 1994 / 1995.

La metodologia animativa della “Compagnia dell’Uomo dei Boschi” in una esperienza di formazione e di scambio interculturale giovanile realizzato presso il Centro di Educazione Ambientale di Fraine (Pisogne / BS) nel biennio 1994 / 1995

Indice

1.INTRODUZIONE

2.ALCUNE PREMESSE GENERALI

3.FASI DEL PROGETTO E ASPETTI DI METODOLOGIA ANIMATIVA

3.A) L’escursione lungo i sentieri dei simboli

3.B) Il training espressivo / comunicativo al campo

ECOLOGIA AFFETTIVA DEI LUOGHI: ESEMPIO DI MAPPA

3.C) La gestione del gioco drammatico / rito nel bosco

IL GIOCO DRAMMATICO / RITO “LA COMPAGNIA DI WILDE-MANN”

4.CONCLUSIONI

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1.INTRODUZIONE

L’ecologia, se non vuole ridursi a moda o problema tecnicistico, deve dotarsi di strategie di cambiamento degli atteggiamenti individuali, portando la persona ad una profonda e durevole identificazione con l’ambiente e con tutti gli esseri viventi (1). E per coinvolgere globalmente la persona si deve riuscire a penetrare nel più intimo dell’animo umano.

E’ quindi molto importante che la rete dei servizi che costituiscono l’offerta di Educazione Ambientale scolastica ed extra-scolastica propongano tra le loro attività anche momenti che siano capaci di far vivere ai ragazzi una relazione con l’ambiente che sia significativa in quanto in grado di catalizzare affettività ed emozioni.

Poniamo quindi l’esigenza di un ricorso al mito in quanto dispositivo pedagogico e al rito come veicolo di Educazione Ambientale (2), ma in chiave comunque creativa e con un atteggiamento profondamente rispettoso della persona. E in tal senso ribadisco l’utilità e l’importanza della prospettiva dell’animazione nonché del quadro teorico della scuola dell’animazione teatrale e specificatamente della drammatizzazione.

Presento quindi una proposta di metodologia di animazione ambientale per adolescenti ricalibrata sul modello del rito di iniziazione e della performance, che si concretizza in un modello di gioco drammatico da inserire come parte centrale del programma di un campo estivo dove il viaggio / escursione assume la funzione di rito di passaggio. Modello che qui é chiamato della Compagnia dell’Uomo dei Boschi.

In effetti la metodologia qui proposta non si sostiene unicamente a livello teorico e piuttosto ha trovato conferma della validità delle ipotesi fatte a partire dalla sperimentazione su un livello di prassi concreta attuata nell’ambito del progetto internazionale “La compagnia di Wilde-Mann” promosso, tra il 1994 e il 1995, dalla Regione Lombardia e da Alpe Adria (4).

Il ricorrere all’animazione e in particolare alla drammatizzazione non significa abbandonare le più tradizionali impostazioni di un campo estivo di Educazione Ambientale ma piuttosto potenziarle, integrandole in modo equilibrato rispetto alla specificità del linguaggio teatrale e delle sue tecniche operative. Del resto anche queste ultime devono essere riviste ed adattate in relazione ai contenuti specifici dell’immaginario ambientale come pure allo specifico contesto spazio\temporale e paesaggistico frequentato.

Quello che si raggiunge è una significativa esperienza formativa individuale e di gruppo che – in quanto intensamente vissuta, anche in chiave emozionale – cambia gli atteggiamenti delle persone, portando ad una profonda e durevole identificazione con l’ambiente e con tutti gli esseri viventi.

2. ALCUNE PREMESSE GENERALI

In primo luogo conviene subito precisare il significato che viene attribuito alla definizione di mito e rito.

La “sociologia del quotidiano” e la psicologia ci richiamano a definire come miti quell’insieme di simboli e di narrazioni fantastiche ma comunque esemplari legate alle vicissitudini della condizione umana. Queste immagini del profondo continuano ad agire su di noi appena ne hanno l’occasione, ispirano anche comportamenti collettivi, strutturando l’azione di gruppo su modelli percepiti emozionalmente come profondamente condivisi, definibili come riti.

La nostra identità personale, per crescere equilibrata, ha bisogno di vivere il nostro rapporto con l’ambiente e le persone anche dal lato delle emozioni, e in questo modo si partecipa ai miti e si agiscono riti. Perché ciò avvenga, è però necessario – hanno evidenziato ricerche di psicologia dell’ambiente (7) – che esista un supporto materiale e una serie di stimoli visivi in grado di offrire momenti particolarmente intensi dal punto di vista emotivo.

Se per tutti è importante saper riaprirsi ad un rinnovato stupore e capacità di vibrare in globale sintonia con la bellezza l’armonia della natura, ciò risulta ancora più rilevante per gli adolescenti ormai affascinati dai modelli livellanti della cultura di massa. Si tratta in sostanza di reagire alla mancanza di senso della storia personale e collettiva, all’individualismo e all’impoverimento dei filtri percettivi dovuto alla sovrabbondanza di immagini e di “effetti speciali” consumati attraverso i nuovi media per riaffermare l’esigenza vitale di momenti di godimento sensoriale globale in fusione con la natura vissuti all’interno di una storia condivisa con un gruppo e un territorio.

Per decondizionarsi, liberarsi da questa assuefazione e dotarsi di un progetto di futuro è opportuno fare ricorso alle stesse risorse esistenziali e modalità di risposta alla crisi dell’adolescenza che da sempre l’uomo porta con sé in questa età della vita. Si tratta, ad esempio, di fare in modo di accettare, mantenere e potenziare in chiave formativa la spontanea predisposizione dell’adolescente a relazionarsi con la realtà attraverso la chiave mitica dell’eroe e ed esperienze che si richiamano al vissuto del rito di passaggio.

Questo tipo di distacco, per potersi attuare, deve poter maturare all’interno di una percorso – accettato e condiviso – di rottura / evoluzione da una condizione esistenziale di dipendenza ad un’altra, più matura ed equilibrata, anche per quanto riguarda la relazione con l’ambiente. C’è bisogno di un distacco, una separazione fisicamente palpabile e compresa perché raccontata e raccontabile. Si tratta di identificarsi nella figura del Viandante e di vivere un’esperienza di viaggio / escursione. Esperienza che, oltre a staccare il ragazzo dalla famiglia materialmente e simbolicamente dal mondo dell’infanzia, aiuta a superare l’assolutistica ed egocentrica identificazione dell’adolescente con la microfrazione territoriale di appartenenza e conduce all’allargamento della visione del mondo.

Parliamo quindi di viaggio inteso come rito di passaggio (8), evidenziando come però non esista una sorta di automatismo per cui il viaggio o il trekking in sé assolva alla funzione di rito di iniziazione all’età adulta. All’iniziazione sono necessari modelli di riferimento e processi che, facendo superare pigrizie e paura, attivino globalmente la persona, portandolo all’interiorizzazione di valori capaci di ispirare scelte e comportamenti. Ovvero necessita una relazione educativa con una figura adulta e metafore pedagogiche esplicite che siano in grado di attivare e sostenere un creativo percorso di ricerca da parte dell’adolescente.

A questo punto siamo in grado capire fino in fondo perché si è scelta della figura dell’Uomo del Bosco come fulcro di questa nostra proposta formativa ed animativa. Ma, in primis, facciamo conoscenza con lui. Dunque dove si trova e chi è l’Uomo Selvatico / Green Man?

E, in effetti, dal rapporto specifico con luoghi delle Alpi e con la cultura che li interpretava, spontaneamente si dischiude dall’ambiente un mito particolare, caratteristico e tipico (nel nostro caso) della cultura alpina: quello del Wilde-Mann.

L’Uomo dei Boschi è la figura mitologica che, nella cultura alpina, rappresenta l’anello di congiungimento fra umani e natura. E’ il primitivo modello mitologico dell’essere silvestre, comune a molte culture etniche, in particolare dell’arco alpino. Amico-nemico, divinizzato possessore di facoltà negate all’uomo comune. Saggio del bosco, al quale va portato rispetto, perché sacro. (9).

Si rispettata così quella che ci sembra una condizione essenziale di una proposta educativa che vuol essere sia globale ma anche specifica perché legata ai temi dell’ambiente. E’ infatti proprio necessario che dall’ambiente frequentato si dischiudano miti particolari, nei quali va colto il personaggio della “guida iniziatica”, capace di essere figura pedagogica non convenzionale e credibile per i suoi insegnamenti, ai quali viene dato corpo attraverso il racconto rituale drammatizzato nel luogo frequentato.

La figura del Wilde-Mann assume efficacia di rito in quanto gode della prerogativa di essere imparentata con le origini di un determinato ambiente e di essere colto come presenza insieme storica e meta-storica, sentita come un’eredità trasmessa e ricevuta,: proprio per questa sua valenza, la necessità di una purificazione o comunque di un rinnovamento personale e collettivo deve rifarsi al tempo primordiale del mito.

Per questo, in un gioco drammatico / rito, il Wilde-Mann si presta con facilità ad essere la figura iniziatica e di mediazione che, nella ricerca “eroica” del gruppo di adolescenti, trasmette una corretta cultura dell’ambiente e pone il senso etico del limite. E’ colui che veglierà con i ragazzi della Compagnia di Wilde-Mann perché la Nuova Alleanza con la natura costruita durante il campo non si rompa più.

La metafora dell’Uomo del Bosco è molto ricca di suggestioni esistenziali e di proposte operative. Infatti:

a livello di ecologia pratica; questa figura è in grado di comunicare naturalmente e con immediatezza diversificate possibilità per testimoniare una concreta solidarietà tra uomo e natura, sia legate alla conoscenza della natura come alla vita e al lavoro nel bosco;

a livello di attualizzazione di un mito tradizionale dell’ambiente, questa figura ancora presente nella cultura orale e nell’iconografia tradizionale delle valli alpine. In più questo mito appare ad ispirare diverse opere letterarie ed artistiche, fino ad essere presente con forme particolari della cultura giovanile di oggi (si pensi al filone fantasy che prende origine da Tolkien).

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ECOLOGIA AFFETTIVA DEI LUOGHI: ESEMPIO DI MAPPA

Partendo dalle esperienze realizzate, si può pensare di proporre, come esempio ma non come rigida gabbia, la seguente distribuzione di punti di interesse da segnare nella mappa citata.

La casa: come luogo della chiamata può essere scelto il campo stesso o piuttosto un’altra situazione frequentata abitualmente dal gruppo.

Il cammino: la mappa individua il sentiero da percorrere per arrivare al bosco luogo dell’animazione. Il sentiero dovrà essere in progressiva salita e diventare sempre più solitario (ad es. si potrà passare all’inizio su un tratto asfaltato, ma sicuramente non alla fine, dove si dovrà entrare in un luogo del tutto “selvaggio”).

Il bosco: in particolare si individuerà il luogo ambientale più adatto all’esperienza di iniziazione – per esempio una zona di abeti, buia e fredda – nel quale far provare al gruppo sentimenti di paura, oppressione, tristezza.

La soglia: è una zona di passaggio netto tra il bosco oscuro e il successivo luogo della luce (radura luminosa). Si deve individuare un sito liminare che dia la possibilità di vivere una grande sorpresa per il passaggio tra due ambienti completamente diversi, come una frattura tra due massi, un’apertura in una fitta siepe, il limite tra bosco e prato.

Il luogo della luce: un ampia radura pianeggiante con un prato in pieno sole; è il luogo che ispira sentimenti di pace, sicurezza, serenità.

La via dell’azione: è una zona di transito e movimento; si tratta di scegliere un luogo agibile e percorribile con facilità; come, ad esempio, una zona dove il sentiero nel bosco prosegua senza sbalzi di quota, almeno in alcuni tratti allargandosi abbondantemente (dove si svolgeranno le scene di azione previste dalla storia). E’ il luogo del cimento e degli scontri con la forza del male, dove i sentimenti saranno di coinvolgimento e divertimento.

I luoghi della prova: sono siti caratterizzati da micro-ambienti particolari (es. pietraia, piccola sorgente, sommità di un dosso esposto alle correnti d’aria …) che, grazie alla loro atmosfera di raccoglimento, si prestano ad essere luoghi deputati delle prove iniziatiche e di purificazione. Il vissuto del luogo legherà in modo indissolubile sensazioni ambientali percepite e intime qualità morali che il percorso propone all’iniziando (es.leggerezza, forza d’animo, calma interiore).

Un luogo / fulcro di dominio visivo: ovvero un sito elevato dal quale poter controllare, in un unico colpo d’occhio, almeno gran parte dei luoghi frequentati dai ragazzi. In questo luogo si producono sentimenti di appropriazione e piena realizzazione nello spazio / ambiente e nel gruppo, con sentimenti di chiarezza, compimento, sicurezza nel gruppo.

Il luogo aperto della celebrazione finale: uno spazio ampio e splendente per la conclusione dell’evento (la soluzione migliore è che questo sia lo stesso del punto 4, perché in questo modo garantiremmo l’andamento non lineare del percorso / storia ma piuttosto ciclico e a spirale ). Deve poter infatti contenere momenti di grande gruppo e danza. I sentimenti da percepire devono essere di unità, armonia, liberazione e divertimento.

La strada del ritorno, che porta dalla selvaggia naturalità del bosco al luogo del campo e alla vita di sempre.

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3.C – LA GESTIONE DEL GIOCO DRAMMATICO / RITO NEL BOSCO

Infine terzo e ultimo stadio della nostra avventura è quello del cammino che riporta alla comunità d’origine, dove l’Eroe ritorna con il suo bagaglio di nuove forze: sapienza, saggezza e magia.

In questa fase dell’avventura dell’eroe l’archetipo di riferimento può essere quello del Mago, ovvero di colui che é capace di fondersi nel cosmo per inserirsi nella creazione, collaborando con tutte le parti che lo compongono al continuo rigenerarsi dell’universo (15).

L’impatto emotivo con l’ambiente, basato sull’ascolto più profondo della molteplicità di impressioni sensoriali che il rapporto con la natura desta in noi, é inevitabilmente caratterizzato dalla frammentarietà soggettiva e, talora, dal disorientamento e spaesamento. Infatti ci si rende conto drammaticamente della scissione che si vive rispetto ad una realtà, come quella della natura, che si coglie insieme come infinitamente complessa ma pure strettamente unitaria, differenziata ma anche organica.

Il Mago come collaboratore\costruttore di armonia dispone di uno strumento formidabile: l’immaginazione. Proprio l’immaginazione é in grado di far uscire il soggetto dalla dissipazione derivante dalla molteplicità di percezioni in quanto, per creare invece connessioni e modelli fastosi (16).

Anche la semplice contemplazione del paesaggio potenzia l’immaginazione in quanto è un momento carico di metafore che produce specifici riflessi psichici a livello della persona che così si relaziona con l’ambiente. La contemplazione degli aspetti visivi del territorio osservato – che comporta l’appropriazione del centro del paesaggio- è una presa di possesso che produce un’impressione di facile dominio dell’oggetto contemplato. Nel rapporto con il paesaggio il soggetto assume anche una propensione magico-creativa e teatrale (17). Arriviamo quindi al Teatro e all’Animazione, in primo luogo incontrandoci con quel patrimonio di tecniche espressive dal teatro della spontaneità e la metodologia della c.d. improvvisazione, particolarmente adatta all’esigenza di adattamento creativo all’ambiente ovvero a sentire il nostro corpo in relazione con la realtà circostante (18).

Tutte queste tecniche, in realtà, nascono dallo sforzo di riproporre un incontro tra rito e teatro, visto che ambedue offrono una via di accesso alla realtà che é diversa dal mero raziocinio. Infatti entrambi strutturano un modello di conoscenza direttamente e immediatamente praticata attraverso l’azione nella quale si legano parola e gesto. Gesto che a sua volta plasma lo spazio e ritma il tempo in ragione degli intendimenti del soggetto, che in questo modo diventa effettivamente Mago, Creatore.

Nell’iniziazione, gli eventi rituali presenti nell’evento drammatizzato, la concatenazione di segregazione – purificazione – superamento delle prove – reintegrazione, possono raggiungere la loro efficacia solo assumendo la personalità mitica propria dell’ambiente (bosco, montagna, luogo d’acqua …). Il gruppo è quindi disposto a far appello ad un personaggio remoto e che corrisponde agli Esseri soprannaturali delle società arcaiche se questo è stato precedentemente individuato come segno significativo presente nel luogo indagato. Altre “situazioni” che vengono sperimentate da un gruppo che si dispone a rivivere il mito si colgono nel fatto che il rapporto fra i partecipanti è stretto, tanto da formare in modo spontaneo un cerchio chiuso, così da escludere dei personaggi fissati nel ruolo di “spettatori” passivi e curiosi.

Il gruppo che vi si trova concorde può riaccostarsi alle forze pure e inviolabili delle origini, per riemergere trasformato: l’evento drammatico nel suo ritmo determinato dal rito che attualizza il mito non può avere un effetto neutro per i partecipanti. Per giungere a tale risultato di rinnovamento il gruppo deve rinunciare a qualcosa di posseduto, e compiere una iniziale fase di nuova iniziazione e purificazione; e soltanto così il mito potrà esplicare la sua disponibilità di “forza” attuale, per fare generare nel gruppo stesso una forza creativa e nuova.

Qui si inserisce il tema di quale modello organizzativo e narrativo adottare al fine di integrare nel modo più idoneo esigenze educative e di forma espressiva, ricollegate comunque in un piano comune di relazione affettiva con il luogo.

Le esperienze finora realizzate sembrano indicare che la formula che attualizza nel modo più adeguato il fascio di emozioni che il bosco fa provare si trovi in una modalità compositiva di singole autonome e di codici linguistici diversificati, funzionali ad interpretare sia il differenziarsi degli stati emotivi vissuti nel luogo come il ricondursi della narrazione\evento ad un senso unitario compiuto. E il percorso nasce e si specifica all’interno della peculiarità morfologica del luogo; dando così un senso compiuto e di gruppo alla relazione fisico\emotiva con gli spazi, la vegetazione e gli altri elementi della naturalità di quel determinato territorio e alle diversificate sensazioni che il tempo produce per mezzo del cambiamento di microclima, luminosità …

Ne deriva quindi non semplicemente una forma narrativa, ma un montaggio ritmico di passaggi che colloca le azioni drammatizzate in specifiche nicchie morfologiche del territorio in ragione dell’appartenenza ad una delle tre classi nelle quali l’immaginario umano – secondo le teorie di Gilbert Durand – si struttura: immaginario “eroico”, “mistico” e “disseminario\sintetico”. Nel nostro caso la narrazione corrisponde particolarmente con la dinamica del rito iniziatico, ovverosia un percorso “attivo” (“eroico”) di separazione, superamento di alcune prove, per giungere – dopo la purificazione (struttura “mistica”) – ad una “rinascita”, personale e pubblica (struttura “disseminatorio\sintetica”). Tutte situazioni collocate in luoghi specifici, che per le loro caratteristiche naturali risultano “deputati” ad ospitare i diversi eventi del percorso iniziatico. Un percorso non meccanicamente predeterminato e geometricamente lineare, ma piuttosto caratterizzato da una forma geometrica “a spirale”, secondo la formula della ridondanza, che consiste nel ripetere i legami simbolici (che la performance avrà interpretato a livello iconografico, gestuale, musicale, …) presenti nella narrazione mitica.

Organizzare l’animazione come montaggio di quadri offre agli animatori\educatori l’opportunità dal punto di vista pedagogico di interrogarsi su come sia possibile, all’interno di questo modello organizzativo dato all’attività di animazione, offrire ai ragazzi la possibilità di orientarsi verso una meta che si scopre progressivamente seguendo una mappa – al tempo stesso ambientale, mentale e affettiva – che man mano si sviluppa davanti a loro e rispetto alla quale è richiesto di interagire..

Ora vorrei precisare due indicazioni metodologiche centrali, legate al momento specifico del gioco drammatico / rito relative all’utilizzo dell’animazione teatrale nell’Educazione Ambientale. Al campo si tratta di impostare e gestire un gioco drammatico\rito, per il gruppo e nel gruppo, non un’elaborazione drammaturgica; un’operazione animativa che rende fantastica la realtà persino quando realizza la fantasia. Meglio quindi richiamarsi alla teoria della performance, come sistema “binario”, insieme flessibile e aperto, che contiene nello stesso tempo serietà e divertimento, coscienza e trance, spontaneità e struttura, mondo simbolico e realtà (19). Va quindi dosata con attenzione il livello di strutturazione dell’animazione, che dovrà prevedere di lasciar spazi per l’iniziativa di ogni persona e del gruppo, aprendosi alla libera intuizione del momento.

Il gioco drammatico / rito si inserisce come momento di performance, occasione “forte” di conclusione, che ricapitola e “celebra” l’insieme dei contenuti in tema del rapporto uomo/ambiente vissuti e gradualmente sperimentati dal gruppo su tutto l’arco di tempo trascorso insieme. Il rito ha senso, come bene hanno indicato gli studi di Gregory Bateson (20), in quanto riflette la qualità di un’esperienza. Diversamente sarà un formalismo vuoto, che i ragazzi rifiuteranno immediatamente.

Il gioco drammatico / rito di iniziazione invece “celebra” e conferisce sacralità a interventi che, agli occhi dei componenti il gruppo, devono essere ben chiari, evidenti, presenti e che devono essere veri e non simulati. L’animazione così strutturata celebrerà in verità l’avvenuto percorso di crescita personale e di gruppo, percorso di cambiamento e di trasformazione. E’ atto intenzionale finale che proclama che il percorso di rinnovamento del soggetto e con esso il suo mondo è arrivato a conclusione, ponendo la base della coscienza morale e dei valori che guideranno verso l’età adulta..

IL GIOCO DRAMMATICO / RITO “LA COMPAGNIA DI WILDE-MANN”

Ecco quindi, a titolo esemplificativo e non di ricetta universale, la proposta di struttura di gioco drammatico / rito dell’Uomo dei Boschi, così come è stato realizzato nei boschi di Fraine / Pisogne (Brescia) durante la citata esperienza della “Compagnia di Wilde-Mann”.

1°momento: chiamata e distacco dal mondo

L’avvio avviene al campo, durante un’attività qualsiasi, quando l’attenzione del gruppo viene attratta da qualcosa di inusuale (ad es. strane tracce che indicano una certa direzione, un vecchio libro che racconta una antica storia, ecc.).

Il gruppo viene indirizzato a percorrere un sentiero che allontana i ragazzi dal campo e, procedendo in salita, ad un certo punto si inoltra nel bosco. Nel bosco oscuro i ragazzi sono legati simbolicamente con le catene di pietra della violenza e della guerra, ingigantendo il senso di paura, oppressione e tristezza. Queste collane di sassi sono state realizzate precedentemente, durante i laboratori al campo.

2°momento: superamento della soglia e purificazione

Il gruppo nel suo percorso trova un’inattesa difficoltà: il sentiero è sbarrato da un malefico “guardiano della soglia” (un grande pupazzo di strega / demonio / morte animato da alcune persone o piuttosto una catena umana camuffata da serpente / drago). Uno alla volta, i ragazzi percorrono di corsa il sentiero, cercando con azioni, movimenti e stratagemmi, di scansare e sfuggire al guardiano. Chi è toccato da questo deve tornare indietro e rifare il percorso.

Si arriva quindi alla soglia e la si supera. I ragazzi entrano a capofitto in una fitta cortina di lunghe collane di foglie collocate appese ad un grande telaio di legno.

I ragazzi, passando dalla porta, entrano nella radura luminosa e si liberano dalle catene opprimenti,. La luce calda che accoglie in modo del tutto inatteso, avendo il carattere di sorpresa totale, crea stupore e senso di accoglienza.

Lasciati passare alcuni attimi per far cogliere pienamente questo momento di stupore, i ragazzi odono un canto misterioso e suoni sommessi. Questi conducono i ragazzi verso un gruppo di spiriti – guida (Anguane, fate o altri spiriti fatati); rassicurati, i ragazzi – grazie al loro aiuto – riescono ad avvicinarsi all’Uomo del Bosco. In sua presenza avviene una metamorfosi nei corpi dei ragazzi; questi si trasformano assumendo sembianze che li legano alla natura del luogo che li accoglie. I ragazzi sono aiutati a costruirsi maschere e costumi con le materie del bosco.

Il gruppo si mette in cammino per compiere le diverse prove attraverso le quali si realizzerà la purificazione dal vecchio stato e si acquisterà una nuova forza. Ma le forze del male attaccano ancora il gruppo degli iniziandi, che vengono difesi dall’Uomo dei Boschi e dalle Anguane. Lo scontro è accompagnato sempre dal ritmo dei tamburi; alcuni ragazzi si fanno coraggio e accetteranno anche loro di scontrarsi con le forze del male. I ragazzi mimano azioni di lotta. L’azione di scontro simulato con il Male diverte e crea coinvolgimento, in questo modo si può “spezzare” il clima di forte concentrazione, scaricando la tensione accumulata.

Durante il cammino i ragazzi attraversano diversi luoghi: una pietraia, che diviene la terra delle pietre magiche dove ognuno – per ottenere la forza – incide su un sasso un proprio segno personale; un dosso che simbolizza la montagna da ascendere per raggiungere la leggerezza superando l’insicurezza; ed infine la porta d’acqua, collocata su un costone della collina, che segna una ripida separazione tra bosco e prato soleggiato. Qui, in silenzio, con gli occhi chiusi, i ragazzi sono condotti dall’Uomo dei Boschi verso la purificazione per preparare all’incontro con la Madre Terra. Sicuri nel bosco, condotti da una spalla benevola, si cammina in direzione dell’acqua che scende dalla porta d’acqua (una lunga sequela di bottiglie di plastica bucate e riempite d’acqua, che zampilla lentamente da queste). Liberati gli occhi, si può godere dall’alto in un unico colpo d’occhio una veduta generale della valle che accoglie i ragazzi nella loro esperienza di vita comunitaria. Si prova la sensazione di sentirsi un po’ come un puzzle dove tutti i pezzi sono collocati nel modo giusto, commenterà Susane appena dopo l’esperienza.

3°momento: integrazione nel mondo

L’acqua annuncia la nascita dei nuovi Guerrieri e il gruppo oramai è pronto per l’incontro con la Madre Terra e per celebrare con essa una Nuova Alleanza. Tornati alla radura, l’Uomo dei Boschi e le Anguane chiamano uno ad uno i guerrieri con il loro nome. Li bendano, tagliano una ciocca di capelli e invitano il ragazzo a scavare una piccola buca nella terra dove depositare questa parte di sé. Affidata alla terra il proprio cuore e la propria mente, il ragazzo ora è Guerriero della vita.

Poco per volta, nella radura si ricostruisce il gruppo. I primi arrivati iniziano a costruire l’Arca della Nuova alleanza, utilizzando delle strutture in legno precedentemente realizzate durante i laboratori al campo. Ad ogni ragazzo viene fornito una foglia di magnolia; ogni ragazzo è invitato a scrivere sulla propria foglia un pensiero / impegno per il dopo – campo e a collocarla sull’Arca per adornarla.

Innalzata la casa dell’amicizia, viene letta una preghiera pellirosse, come messaggio di pace tra l’uomo e la natura che la “Compagnia dell’Uomo dei Boschi” riporterà nel suo mondo. Infine con il canto e la danza si suggella l’avvenuta iniziazione.

4. CONCLUSIONI

Vivere una relazione con la natura capace di reincanto attraverso l’interpretazione aperta del mito e un ricorso creativo al rito; questo é stata la strategia pedagogica dell’esperienza descritta, dove l’animazione\drammatizzazione é stato lo strumento principe.

Così come in esperienze precedenti è stato possibile dotarsi di strumenti e successivamente codificare percorsi al fine di gestire l’affettività e la comunicazione ecologica nel quartiere, così con l’esperienza pilota qui descritta spero di essere si é riuscito a presentare una nuovo metodologia animativa idonea ad educare all’ambiente un gruppo di adolescenti in un contesto di piena naturalità.

Ma ogni metafora va scelta in modo che si apra con naturalezza su un altro modello archetipo, strettamente organico al piano educativo complessivo del campo, in chiave di continuum educativo. Durante il campo, si é detto in precedenza, ai ragazzi viene offerta l’opportunità di identificarsi in modo concreto con un determinato ambiente, con un territorio che viene attraversato ed è luogo di prove -fisiche e simboliche- che sono occasioni di crescita personale nel confronto con la natura. In questa fase di Viandante i membri del gruppo, seguendo un percorso formativo strutturato a livello individuale e di gruppo, assimilano uno spirito di disponibilità ed apertura e una strumentazione tecnica che li rende consapevoli di essere in grado di agire progettualmente sull’ambiente; si diviene cioè Guerrieri. Ma la pienezza del percorso si attua su un altro livello: quello etico\affettivo dell’identità più profonda. Il compimento del percorso è l’iniziazione alla responsabilità di una nuova creazione. Creazione che poggia su una Nuova Alleanza tra Natura e Uomo; un uomo concreto e reale che, superato il periodo dell’infanzia, esprime una adesione piena – intellettuale, operativa ed affettiva – come persona oramai consapevole dei propri poteri e della propria responsabilità sul futuro proprio e del mondo. Ormai si è al contempo “sapiente”, “saggio” e “mago”.

Ma questo concetto di progressione educativa non trova esclusiva applicazione al periodo del campo estivo; il tema di un continuità della proposta educativa é infatti fondamentale anche rispetto al prima e al dopo. Del resto é fondamentale che un ragazzo si affacci all’esperienza del campo estivo di Educazione Ambientale in modo non casuale, ma avendo maturato una scelta. Solo in tale modo vivrà pienamente le occasioni che gli verranno proposte. La soluzione ottimale é prevedere e programmare il campo in chiave di sviluppo con quanto sperimentato nel Laboratorio. Così il gruppo che si é aggregato attorno al laboratorio di quartiere è invitato a staccarsi dal contesto normale di vita e a trasferisce in una Terra dei giovani per poter seguire una proposta precisa di Ecologia Profonda.

Resta il problema di come fare in modo che le qualità scoperte durante l’esperienza forte del campo possano ulteriormente svilupparsi anche successivamente. Si dovrà quindi far in modo che tra scuola, associazionismo, rete dei Centri di Educazione Ambientale si sia in grado di rendere visibile una offerta di Educazione Ambientale spendibile nel quotidiano della vita del ragazzo. Mantenere viva questa “carica” ricevuta al campo e creare le condizioni perché questa si possa tradurre in un effettivo positivo utilizzo significa organizzare in contesto urbano una rete di attività permanenti di ecologia pratica per adolescenti a livello scolastico ed extra-scolastico.

Certo molto resta ancora da fare per arrivare ad un metodo educativo non estemporaneo, che non diventi esclusivo di qualche “guru” ma che invece sia praticabile quotidianamente in famiglia come a scuola. Forse si tratta unicamente gli occhi nostri e dei nostri figli a cogliere nella natura (a partire da quel poco che è restato sotto casa …) l’insolito e l’inquietante che fa emergere paure nascoste, il meraviglioso che rasserena e ci porta a sperare ancora… Nel mito immaginario e ambiente si incontrano ancora con naturalezza, creando armonia tra uomo e ambiente. E anche oggi è possibile sfruttare questo messaggio vitalizzante e l’animazione può aiutarci a torna nei luoghi (anche quelli di sempre!) per goderli e amarli ancora, grazie ad una nostra rinnovata capacità di stupore.

Note

(1) Cfr. ARNE NAESS

(2) Cfr. BILL DEVAL GEORGE SESSIONS, Ecologia profonda, Edizioni Gruppo Abele, Torino, 1989.

(3) cfr GOTTARDO BLASICH, Drammatizzazione nella scuola, LDC, Torino, 1975.

(4) L’esperienza alla quale ci si riferisce é stata realizzata e verificata in collaborazione tra operatori pubblici e del privato sociale, che insieme hanno partecipato tra il giugno 1994 e l’estate\autunno 1995 al progetto “La Compagnia di Wild-Mann”, promosso e gestito dal Settore Ambiente della Regione Lombardia all’interno del programma del Gruppo Giovani della Comunità di Lavoro delle Regioni di Alpe Adria.

L’organizzazione del progetto prevedeva una progressione di momenti formativi e di ricerca rivolti al gruppo dagli animatori; iniziando con una fase di stage sulle strategie animative e proseguendo successivamente alla sperimentazione mirata delle stesse in un momento di vera e propria attività educativa con un gruppo di adolescenti di diversa nazionalità. La ricerca\azione rivolta agli animatori si poneva l’obiettivo l’obiettivo di arrivare a costruire un determinato tipo di proposta\stimolo di attività di animazione legata al linguaggio teatrale, sulla base della quale costruire una performance situata nell’ambiente\bosco e inserita in più ampio programma di campo estivo internazionale giovanile di Educazione Ambientale.

(5) Cfr. ROBERTO TOGNI, L’uomo selvatico nelle immagini artistiche e letterarie, in “Annali di S.Michele”, n.1, 1988.

(6) Cfr. EUGENIO TURRI, Semiologia del paesaggio italiano, Longanesi, Milano, 1979

(7) KAJ NOSCHIS,

(8) MIRCEA ELIADE,

(8) Infatti, chiarisce Francoise Dolto, “il progetto, rispondendo alla tentazione del pericolo con una certa prudenza, può aiutare a morire all’infanzia per raggiungere un altro livello di padronanza nella vita collettiva” (6). FRANCOISE DOLTO, Adolescenza, Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 1995, p.70

(9) MASSIMO CENTINI, L’Uomo Selvatico, Mondadori Editore, Milano, 1992, p.105

(10) L’intuizione e la metafora del Viandante fu già cara ad Hermann Hesse. Vedasi a riguardo in particolare HERMANN HESSE, Knulp. Storia di un vagabondo, Newton Edizioni, Roma, 1993 e HERMANN HESSE, Vagabondaggio, Newton Edizioni, Roma, 1993 e, soprattutto, quello che é ritenuto il suo capolavoro, Siddharta, Adelphi Edizioni, Milano, 1994, un romanzo-saggio su un “viaggio” alla scoperta di sé e del mondo.

Questa poi è stata ripresa dalla scuola psicologica USA della mitologia personale, che ha analizzato le dinamiche legate allo sviluppo nonché gli stadi che caratterizzano la condizione di Viandante (8) CAROL S.PEARSON, L’eroe dentro di noi, Astrolabio – Ubaldini Editore, Roma, 1990,.pp.70-91

Ma in realtà questi lavori esplicitano il senso più profondo di un percorso che già Propp aveva individuato all’interno dell’intreccio narrativo della fiaba. Intreccio che Propp interpreta come ritrasposizione residuale del rito iniziatico.VLADIMIR JA. PROPP, Edipo alla luce del folklore, Einaudi, Torino, 1975

(11) L’isolamento delle aree alpine ha consentito il conservarsi in quest’area di antiche fisionomie (altrove in gran parte scomparse), estremamente ricche e complesse. E’ un intreccio di cultura materiale e di segni linguistico\paesaggistici che ancora possono svolgere una funzione, non fosse altro unicamente pedagogica. Un approfondimento si trova nella proposta dal Gruppo di lavoro per lo Studio dell’Insediamento Umano nelle Terre Alte del Club Alpino Italiano. Vedasi: GRUPPO DI LAVORO PER LO STUDIO DELL’INSEDIAMENTO UMANO NELLE TERRE ALTE (a cura di), Montagna che scompare. L’iniziativa del Club alpino per la catalogazione dei segni dell’uomo nelle terre alte, estratto da “La Rivista del Club Alpino Italiano”, n.°5, settembre-ottobre 1991.

(12) Infatti, secondo l’interpretazione di Dominique Raynaud, ogni forma e simbolo sarebbe prima di tutto una rete di gesti. In tal senso questi vengono ad essere determinate dai gesti concreti che configurano la relazione concreta tra la persona, le cose e lo spazio costituenti un determinato ambiente. DOMINIQUE RAYNAUD, Symbolisme de la porte. Essai sur les rapport du schème à l’image, in “Achitecture & Comportement – Achitecture & Behaviour”, Vol.8 1992, N.°4, Lausanne, pp.333-351. Il rapporto tra una forma oggettiva e una forma simbolica si stabilirebbe attraverso determinati schemi di azione all’interno di un c.d. tragitto antropologico. Ogni direzione simbolica è agita da uno schema dinamico, dove a uno dei poli di questo dinamismo si colloca il gesto. Per Gilbert Durand, ideatore di questa teoria, il tragitto antropologico si definisce infatti come “lo scambio che esiste a livello dell’immaginario tra le pulsioni soggettive e assimilatrici e le intimazioni oggettive provenienti dall’ambiente cosmico e sociale”. Le immagini, secondo questa teoria, si situerebbero dunque tra questi due poli.GILBERT DURAND, Le strutture antropologiche dell’immaginario, Edizioni Dedalo, Bari, VI ristampa della II edizione, 1996, p.31.

(13) A riguardo vedi: JOHN BEARDSLEY, Earthworks and Beyond. Contemporary Art in the Landscape, Abbeville Press Publishers, New York, 1989.

(14) “Gli oggetti, tutti gli oggetti -evidenzia Bachelard-, hanno energie, ci restituiscono l’energia immaginaria che offriamo loro con le nostre immagini dinamiche”.GASTON BACHELARD, La terra e le forze, RED Edizioni, Como, 1989, p.86

(15) E’ il momento della fusione con il cosmo e della piena responsabilizzazione etica della persona quando, evidenzia Herman Hesse, si tratta di lasciare risprofondare nell’universo il proprio io.

HERMANN HESSE, L’infanzia dell’incantatore, Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 1995, p.24

(16) L’immaginazione, precisa Howard Phillips Lovecraft, “condensa impressioni frammentarie in fastosi modelli e scopre strani rapporti e assonanze fra gli elementi visibili e invisibili della Natura” HOWARD PHILLIPS LOVECRAFT, In difesa di Dagon, Sugarco Edizioni, Carnago (VA), 1994, p.54

(17)

(18) J.HODGSON E.RICHARDS, L’improvvisazione teatrale, De Donato, Bari, 1976, II Ed.

(19) cfr RICHARD SCHECHNER (a cura di), Ritual, Play and Performance, New York, The Seabury Press, 1977. Citato da VICTOR TURNER, ibidem.

(20) cfr. GREGORY BATESON, Naven, Einaudi Editore, Torino, 1988

Roberto Albanese

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