Colombano: un santo per l’Europa della diversità

di Roberto Albanese

Il monaco irlandese Colombano nella narrazione di Giona da Bobbio, tra storia e immaginario. Viaggiatore instancabile nel cuore dell’Europa del VI secolo; straniero che si radica nel locale ed è “ponte” nei conflitti etnici. La sua avventura umana e spirituale ci mostra che le antiche radici culturali del nostro continente sono una preziosa risorsa per fondare un progetto di nuova Europa capace di dare risposta ai nodi irrisolti del nostro momento storico.

Indice:

  • tappe di una vita avventurosa
  • l’uomo di fede che diventa viandante
  • l’uomo della diversità
  • l’uomo che esprime un nuovo stile di vita
  • l’uomo che lotta contro il potere
  • l’uomo del bosco
  • l’uomo del meraviglioso
  • i luoghi dell’avventura
  • Colombano e Teodolinda: un itinerario culturale e ambientale da Monza a Bobbio
  • per saperne di più

Le tappe di una vita avventurosa
Raccontiamo la storia di un monaco irlandese del Medio Evo la cui vita ha rappresentato un “ponte” gettato a superamento della corrente travolgente dei conflitti caratterizzanti l’età dei regni barbarici (secoli V – VIII dC).

La vita di Colombano ci narra avventura umana di un personaggio che, attraverso la sua esistenza e l’azione del movimento monastico che ne ha continuato l’opera, ha giocato un ruolo decisivo nella costruzione dell’Europa. Un personaggio ancora attualissimo, visto che i “punti di forza” sui quali si costruisce la sua avventura sono costituiti da nodi tematici rispetto ai quali l’uomo contemporaneo non ha trovato ancora risposte esaustive: convivenza e valore della diversità, rapporto uomo / natura, etica e politica, nuovo stile di vita,

Queste pagine Web parleranno della vita del santo usando come fonte e filo conduttore il racconto di Giona da Bobbio, narrazione affascinante che si colloca tra ricostruzione storica e meraviglioso.

Nel 591, non da solo ma a capo di un gruppo di dodici confratelli del monastero di Bangor, Colombano si imbarca, lascia l’Irlanda, si avventura “sui flutti lungo rotte sconosciute” e arriva nelle Gallie, dove si ferma per molti anni.

Colombano e il sui monaci celti predicano il ritorno alla fede cristiana delle origini, vivendo a fianco del popolo i problemi concreti e gli scontri etnici della società di allora. Nel 592 fonda il monastero di Luxeil.

Ma la sua coerenza lo porta anche a lottare contro i potenti del tempo, sia che questi siano re dei franchi piuttosto che potenti ecclesiastici locali. Perseguitato per aver denunciato l’immoralità della vita privata e delle scelte politiche del re merovingio di Borgogna, nel 610 è espulso dal regno ed è costretto a proseguire la sua peregrinatio nel cuore dell’Europa, arrivando, dopo aver attraversato Francia, Germania, Austria, Svizzera ed aver superato le Alpi, fino in Italia.

Qui fonderà l’importante monastero di Bobbio, dove muore settantenne il 23 novembre 615.

E’ un uomo di fede che diventa viandante

Colombano è una figura di viandante; in termini cristiani, di un uomo di fede che intraprende la peregrinatio. Ormai uomo maturo e di assoluta dedizione a Dio, sente il desiderio di andare esule, facendosi straniero in terre straniere.

Ancora ospite del monastero irlandese di Bangor, dove si era formato alla fede cristiana, esterna a padre Congall il proprio intendimento, richiamandosi al comando che Dio rivolge ad Abramo: “Esci dal tuo paese, dalla tua famiglia, dalla casa di tuo padre e vai nella terra che ti indicherò”.

Il percorso che i monaci viandanti devono seguire nella peregrinatio non è univocamente tracciato. Questi, prima di decidere di dirigersi nelle Gallie, fanno una sosta in Bretagna. “Lì si trattengono per qualche tempo per riprendere le forze e soppesare con animo dubbioso gli ansiosi disegni del loro cuore” (p.37).

E’ l’uomo della diversità

Colombano terrà sempre a sottolineare la sua origine e la sua condizione di straniero.

La “regola” che lui adotterà per i suoi monasteri evidenzia e accentua gli elementi e la forma esteriore di questa “diversità”, e ciò più di una volta creerà ostilità nel clero locale.

Colombano quindi è portato a fraternizzare con gli stranieri che incontra lungo le strade del suo peregrinare, identificandosi nella loro condizione.

Al limite del commovente è l’episodio dell’incontro tra il monaco irlandese e una donna straniera, avvenuto a Coutances, dove tra i due si apre quasi una gara di cortesie reciproche.

In questa città, dove gli abitanti erano succubi del re persecutore di Colombano che aveva imposto a tutti il suo terrore, Colombano e i suoi non erano riusciti a trovare viveri con i quali sfamarsi. Nella piazza, incontrano fortunosamente una donna originaria della Siria. Edotta della situazione, questa esclama: “Venite, signori miei, a casa della vostra serva e prendetevi ciò che vi occorre. Anch’io, infatti, sono una straniera, venuta dal lontano Oriente” (p.105).

In cambio della gentilezza, Colombano restituisce la vista al marito cieco della donna; questo perché “coloro che non avevano mancato di avere luce interiore verso i forestieri, non dovevano essere privi della luce esteriore” (p.107).

Colombano sceglie di collocare le sue basi operative in zone che si trovano sempre ai confini dei vari regni dei Franchi, luoghi strategici per la predicazione e l’incontro tra diversi: nei Vosgi (regione che si proietta verso l’Alamannia, ovvero l’attuale Svizzera e Germania) dal 591 al 610. Tra il 610 e il 612, Colombano gravita prima su territori che danno verso il Belgio per poi stabilirsi a Bregenz, sul lago di Costanza, nell’attuale Austria. Infine, dal 612 al 615, vivrà a Bobbio, nella valle appennica del fiume Trebbia, in una zona che si colloca a ridosso del territorio ligure occupato da Bisanzio.

Questi è un diverso sia rispetto all’elemento latino che a quello barbarico e proprio per ciò si potrà spesso proporre come “terzo” soggetto capace di esercitare un ruolo di mediatore.

In Italia, all’atto del suo arrivo in Lombardia, che è decisamente ben visto dai monarchi longobardi, Colombano si attiva in una funzione di “ponte” tra i longobardi di Agilulfo e di Teodolinda e le popolazioni latine e il papato che sarà decisiva per favorire l’incontro e il dialogo tra le due etnie, nonché l’integrazione e la successiva fusione di questi due popoli così diversi.

E’ l’uomo che esprime un nuovo stile di vita

Colombano e i suoi uomini adottano uno stile di vita totalmente antitetico a quello dominante, basandosi sulla “forza della pazienza, il sentimento della carità, la pratica della dolcezza”.

Colombano e i suoi monaci sono tuttaltro che incolti, ma la loro testimonianza è un messaggio che sa arrivare direttamente al cuore della gente umile. L’attenzione del popolo attorno a loro cresce sempre di più; in questo modo attorno al gruppo di monaci irlandesi sbarcati in Francia nel 591 si crea una grande notorietà e, di conseguenza, anche il potere politico non potrà non interessarsi a Colombano.

Colombano è particolarmente sensibile alle condizioni di vita dei più sfortunati. A Besançon, annuncia la parola di Dio ai condannati a morte e, visto il loro pentimento, ottiene con un miracolo che le loro catene si sbriciolino “come legno marcio”. Quando il tribuno militare responsabile delle carceri si accorge del fatto, lancia i suoi soldati all’inseguimento dei fuggiaschi.

Ormai i condannati in fuga si sentono in trappola, presi come sono tra le guardie alle loro spalle e le porte sbarrate della chiesa dove avevano sperato di trovare rifugio. Di fronte alle preghiere di Colombano avviene un secondo prodigio. “La bontà del Creatore non si fa attendere. Tirando i robusti catenacci che serravano le porte, essa spalanca l’entrata davanti a quei disperati. Costoro si precipitano all’interno della chiesa. Non appena i condannati sono entrati, le porte si richiudono sotto gli occhi dei soldati, senza intervento di mano d’uomo, come se il guardiano, con le sue chiavi, le avesse sveltamente aperte e richiuse” (pp.94-95).

E’ l’uomo che lotta contro il potere

Colombano e i suoi monaci irlandesi godranno sempre di grande considerazione da parte del popolo, con una attenzione attorno a loro destinata col tempo a crescere sempre di più. Fin dall’inizio attorno al gruppo di monaci irlandesi sbarcati in Francia nel 592 si crea una grande notorietà e, di conseguenza, anche il potere politico si interessa subito a Colombano. Questi, a sua volta, non ha timore di misurarsi con i potenti che controllano il destino della gente.

Colombano non è un eremita; organizza comunità e costruisce conventi. E’ animatore infaticabile dei suoi monaci ma non disdegna di frequentare le corti.

E’ ben visto dal re di Austrasia Teodeberto, da Clotario II, re di Neustria, e, inizialmente, dallo stesso Teodorico II di Borgogna. Si schiera, nelle lotte dinastiche dei re merovingi, a fianco di Clodoveo II.

Colombano, come personaggio pubblico, ha il fascino dell’uomo di cultura e il piglio profetico e moralizzatore. Non evita di ammonire re che gli sono amici, come Clotario II, “in merito a certi vizi dai quali difficilmente va esente una reggia” (p.177). Infatti richiamerà costantemente monarchi merovingi, nobili e clero ad una vera moralità pubblica e privata, procurandosi così grandi inimicizie.

Nel 609 il contrasto, fino allora strisciante, tra Colombano e Teodorico II, che subisce l’influsso della nonna Brunechilde, esplode e il monaco irlandese con i suoi seguaci più fidati viene espulso dalla Borgogna.

Colombano, diventato così un perseguitato politico, riprende la sua peregrinatio che, nel 612, lo porterà in Italia.

Clotario II, una volta divenuto nel 613 unico re merovingio dei Franchi, come lo stesso Colombano aveva profetizzato, si rivolge al monaco irlandese, oramai insediatosi nel regno dei Longobardi, per cercare di farlo rientrare in Francia, senza però riuscire a convincerlo

E’ l’uomo del bosco

Quando nel 592, su invito del re franco di Austrasia Childeberto, Colombano accetta di fermarsi con i suoi monaci in questa parte della Gallia, egli sceglie di stabilirsi in un luogo della montagnosa e selvaggia regione dei Vosgi.

Non molto diversamente si comporterà al suo arrivo in Italia, dove inizialmente si insedia in luoghi appartati ma non molto lontani dalle città reali di Milano e Pavia, per poi invece spingersi ancora più lontano, sulle montagne appenniniche, dove dar vita al suo nuovo e ultimo insediamento monastico.

Nella sua esperienza personale di fede è centrale l’esperienza di preghiera e di relazione con Dio vissuta nell’isolamento della natura. Il bosco rappresenta per Colombano il suo “deserto”, dove viene messo alla prova di una vita austera ed esposta ai rischi rappresentati da animali feroci e predoni svevi.

In particolare nel lungo periodo passato ad Annegray e Luxeuil, ma anche nella sosta a Bregenz e negli ultimi anni della sua esistenza passati a Bobbio, Colombano e i suoi monaci si dedicano alla cura del bosco e dei campi, alternando questa attività al loro errare nella foresta per raggiungere luoghi di predicazione, di carità e di animazione ecclesiale delle comunità monastiche, ormai sempre più numerose.

La “Vita di Colombano” di Giona da Bobbio descrive momenti di vita quotidiana vissuti dal monaco irlandese in una relazione di grande intimità con gli animali: “quando si ritirava in solitudine per digiunare e pregare, nelle sue passeggiate era solito chiamare a sé gli animali selvatici e gli uccelli; accorrevano essi al suo cenno, e lui li toccava accarezzandoli con la mano. Da parte loro le fiere e gli uccelli gli saltellavano attorno, al colmo della gioia, giocando festosi come i cuccioli che sono soliti far festa ai loro padroni. Il medesimo testimone assicurava di aver visto spesso quella bestiola che si chiama comunemente ‘scoiattolo’, lanciarsi giù, al suo richiamo, dalle cime più alte degli alberi, accovacciarglisi nella mano, saltargli al collo, entrargli in seno e scusciarne fuori” (p.75).

E’ l’uomo del meraviglioso

La testimonianza di Colombano è basata su una fede talmente forte da far emergere attraverso di lui tutta la potenza salvifica della divinità a cura delle umane sofferenze, dei bisogni più diversi come delle situazioni più pericolose.

Nella narrazione agiografica di Giona da Bobbio Colombano ci viene presentato come un “uomo di Dio” capace di tenere la scena grazie al potere singolare che la sua fede intima in Dio gli attribuisce. Questa sua del tutto particolare natura si manifesta assumendo la caratteristica del meraviglioso, nelle diverse forme che questo può darsi: dalla visione, alla profezia e al miracolo.

Per quanto riguarda i miracoli, l’autore nella sua “Vita di Colombano” ne enumera una cinquantina, di cui venti compiuti da Colombano nel periodo di “deserto” passato tra le montagne dei Vosgi e trenta durante la peregrinatio successiva, quindi più legati alla testimonianza pubblica del santo.

Gli studiosi hanno proposto una differenziazione tipologica di questi, che si potrebbero distinguere tra “miracoli dell’annona” (ovvero legati a bisogni di sopravvivenza), “miracoli dell’ubbidienza” (di monaci ma anche di animali selvatici) e “miracoli d’ambiente”, legati alle caratteristiche dei luoghi frequentati o alle particolari condizioni storiche.

I luoghi dell’avventura

Colombano vive la sua vicenda esistenziale in uno spazio europeo molto vasto, che va dalle isole irlandesi, ai territori francesi, renani e alpini fino alle pianure e alle valli dell’Italia del nord.

Irlandese di nascita, Colombano, una volta abbandonato il monastero di Bangor nell’Irlanda del nord, frequenta le rotte marittime del mare d’Irlanda e, dopo aver sostato in Cornovaglia, attraversa la Manica per infine approdare in Bretagna.

Qui inizia la prima parte dalla sua peregrinatio via terra attraverso il continente europeo, visitando i diversi regni dei monarchi merovingi.

Attraversa il nord della Francia per poi puntare a sud-est, arrivando nella regione dei Vosgi, dove soggiorna per circa vent’anni a Annegray e Luxeuil.

Espulso dal regno di Borgogna, viene accompagnato, seguendo la valle della Loira, verso l’Oceano Atlantico, per essere imbarcato e rinviato in Irlanda. Una volta sfuggito fortunosamente al controllo della scorta militare, ricompare a Parigi per poi volgere verso est, cercando di arrivare in Italia evitando i territori controllati dal re di Borgogna.

Risale quindi la valle del Reno partendo da Coblenza, facendo tappa per un certo tempo a Bregenz, sul lago di Costanza. Superati il passi alpini (probabilmente lo Spluga), scende verso la pianura padana seguendo il corso del fiume Adda. Dopo una sosta in una località isolata ma non molto distante dalle capitali longobarde di Milano e Pavia, risale poi le valli appenniche per infine insediarsi, valicato il passo Penice, a Bobbio, una località della valle del fiume Trebbia.

Colombano e i suoi successori alla direzione dell’importante monastero di Bobbio (che, tra l’altro, grazie all’attività del suo scriptorium arrivò nel X secolo ad avere la biblioteca più ricca e importante di tutta Italia) non si isoleranno mai dal resto del movimento monastico. Infatti manterranno sempre stretti rapporti con i confratelli dei monasteri di Borgogna, dando nuova vitalità alle antiche vie che collegavano l’Italia e Francia attraverso i valichi alpini del Moncenisio e del Monginevro.

Per saperne di più

GIONA DI BOBBIO, Vita di Colombano e dei suoi discepoli, Jaca Book, Milano, 2001.

ALFREDO CATTABIANI, Santi d’Italia, BUR, vol.I, Milano, 1999, pp.279-285.

Roberto Albanese

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